Cultura e Musica

Un monologo al femminile

“Studiate fino alle lacrime, lavorate fino all’indipendenza”: il discorso pronunciato a Sanremo da Barbara Palombelli, giornalista italiana, ha diviso in due opinioni gli ascoltatori: alcuni l’hanno criticata, poiché, in realtà, lei sembrava non stesse parlando del pubblico femminile, ma un “elogio” sulla propria esperienza; altri, invece, l’hanno applaudita proprio perché è giusto raccontare la propria storia poiché qualcuno almeno si immedesimi e chi anche l’ avesse vissuto in modo diverso può ispirarsi. Cosa succede? Succede che, come ha detto lei, ma questo vale per entrambi i sessi, qualsiasi azione che uno compie viene criticata da qualcuno.

Il volto noto ha raccontato, in modo cronologico, cosa significa diventare donne in carriera, indipendenti, soprattutto in un’epoca in cui ancora si stava lottando per l’emancipazione femminile, con padri che o proibivano alcune professioni o permettevano di seguire gli studi, ma in maniera totalmente autonoma, senza un sostegno economico.

Lei, lo ammette, potrebbe anche ritenersi fortunata: la sua bravura la portò alla redazione di una testata già famosa a livello nazionale, il Corriere della Sera. Il padre era mancato e, di conseguenza, non è riuscito a festeggiare questo primo grande traguardo con la figlia.

Durante la narrazione, con intervalli di video musicali sanremesi, come la celebre Uomini Soli, in gara nella kermesse del 1991, il suo monologo, in una qualche direzione, ha mosso le anime: poco importa come, purché abbia fatto riflettere. L’aspetto, invece, più indignante è che, come spesso accade dietro al monitor, tutti sono eccellenti nell’ esprimere opinioni anche oltre misura. Possiamo “giustificarlo” come “stress da confinamento”? Quasi certo, ma non è colpa di coloro che vogliono esprimere un’opinione con un elegante anticonformismo, quale la Palombelli.

Tutti possiamo parlare, è come lo facciamo che importa.

 

 

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