Cultura e Musica

Da una chatline per ragazzi agli Uffizi e non solo

Un nome, una ragazza, una chatline da installare, il cui software era presente nel CD Grazie Mille, di Max Pezzali, estate 2001.

Eravamo ragazzine, seguite dalla famiglia, alle prese con le prime chattate, sulla 883d: i fan del mito pavese la conoscono e, all’epoca, sapevano quanto fosse “avanti” quell’esperimento di realtà virtuale: non era uno spazio in cui digitare, ma una vera e propria città, con avatar ed edifici. Gli avatar eravamo noi, ragazzi più o meno adolescenti, che avevamo la curiosità di aprirci in mondo che, all’epoca, era meno pericoloso di quello attuale. Ribadisco: gli adulti erano consapevoli e non venivano scambiate immagini “critiche”, anche perché provate a caricare uno scatto o u breve filmato con un modem 56K. Ricordi, anche di qualche sbuffata, che, comunque, oggi, con connessione a fibra ottica, fanno sorridere.

Una delle mie prime amiche si chiama Ilaria e, solo nel momento in cui abbiamo inziiato a scmabiarci le mail, scopro che fa Sagaria di cognome. Io avevo 13 anni e lei 12. Molti aspetti in comune, tra cui la musica. Era già molto fantasiosa all’epoca e appassionata di immagini, ma…non mi sarei mai immaginata di incontrare il SUO nominativo, in una Sala degli Uffizi, come fotografa di un’esposizione sulla violenza di genere femminile. Al momento, essendo in visita con un gruppo, mi sofferami poco su quel nome già sentito. Quando preparai l’articolo su Firenze, come una specie di puzzle sul viaggio, ho visitato il sito ufficiale del palazzo storico ed ecco un fulmine a ciel sereno: Ilaria Sagaria, dopo la conferma che nacque in provincia di Salerno, e il suo anno di nascita è il 1989, ho collegato tutto e non vedo l’ora di ricontattarla. Sposa cause come la mia e, nel frattempo, ha compiuti enormi passi, fino a essere conosciuta e premiata all’estero.

Mi emoziona vederla donna.

Per coloro che volessero curiosare quale grande donna è diventata, vi lascio questo link: https://www.ilariasagaria.com/about-2/

 

lo-sfregio-uffizi-mostra-1

 

Breve storia della scultura, che è ancora più assurda se pensiamo che, trecento anni dopo NULLA è migliorato: l’artista Gian Lorenzo Bernini, dopo aver realizzato il busto della sua amante, quando ha scoperto la sua relazione con il fratello di lui, ordina di farle sfregiare il volto con l’acido.

Lo scultore, come disse sua madre Angelica Galante, si comportò come uno “che si sentiva il padrone del mondo” e, a quell’epoca, in una certa accezione, Bernini lo era davvero.

Come racconta la curatrice della mostra Chiara Toti: “La sua fama e il suo ruolo di artista di punta nel pontificato di Urbano VIII gli garantirono infatti la totale impunità per l’atto compiuto. E, mentre Bernini proseguiva la sua brillante carriera senza conseguenze, la sua amante sfigurata venne reclusa in un monastero, dove venivano confinate le donne di dubbia reputazione, per quattro mesi”.

La storia di Costanza, però, rappresenta anche un esempio di riscatto: dopo la clausura la donna fece ritorno dal marito, Matteo Bonarelli, con il quale dette vita a un fiorente commercio di sculture, tant’è che nell’ambiente iniziò a essere conosciuta come “la scultora”.

L’obiettivo di questi uomini non è eliminare l’amata, ma renderle l’esistenza uno sdegno: ucciderle non farebbe loro male.

 

 

Lascia un commento