Il punto di Virginia

ESSERE O NON ESSERE: LA FLUIDITA’ DI GENERE

Essere o non essere: la fluidita’ di genere

Da alcuni anni stiamo assistendo a un cambiamento epocale, in divenire continuo! Mi riferisco all’ essere e non essere o meglio alla fluidità di genere. Acquisito dalla Generazione Z, ma già iniziato con i Millenials e, favorito dal grande impatto dei social a livello mondiale su questo tema della fluidità, è un concetto non facile da accettare e da comprendere per molti, e parte dalla necessità di non etichettarsi ma di manifestare liberamente chi vogliamo essere.  La nostra società è fatta da sempre di convenzioni sociali, culturali legate al sesso, al genere e all’orientamento sessuale ma anche di pregiudizi e forti chiusure mentali.

Già negli anni ‘90 si parlava di “binarismo/non binarismo” applicato non solo alle identità di genere, ma anche a ruoli, espressioni di genere e alle proprie tendenze sessuali.. Nel nostro paese il termine “non binario” esplode a partire dal 2019, momento nel quale molte persone come i transessuali, iniziano a descriversi come genere “non binario”, trovando così una collocazione sociale più adeguata.

Siamo nell’onda di un cambiamento irreversibile nel nostro società.  Abbiamo acquisito nella nostra mentalità il termine “non binario”, ormai accettato nelle scuole e nelle università, ma anche in molte aziende e uffici a livello mondiale. Un’ evoluzione che si basa sul rispetto e il riconoscimento dell’unicità della propria diversità.

Cosa vuol dire fluidità di genere e che cosa riguarda esattamente?.

E’una grande espressione di libertà individuale contrapposta alla tipica categoria identitaria-binaria maschio/femmina, che coinvolge tutti gli elementi caratterizzanti come il sesso biologico, l’identità e ruolo di genere, orientamento sessuale e affettivo. Il discorso è molto ampio e in divenire e la fluidità di genere non è rivolta semplicemente alla sfera sessuale, ma a un percorso di esplorazione personale, coraggioso e intimo di se stessi. Le nuove generazioni vogliono mettere in discussione il sistema binario e gli stereotipi di genere, nonché questa estetica di cosa e’ uomo e cosa e’ donna nella società. Le persone gender fluid cambiano il modo in cui si presentano alla società, adattandolo a ciò che si sentono come genere in quel momento. Il principio è che non ti devi sentire solo o sbagliato. Devi essere libero di esprimere la tua identità al di fuori di ogni etichetta o stereotipo come invece è stato nelle generazioni precedenti dove tutto era etichettato. Andiamo per gradi quindi e facciamo chiarezza per poter capire ancora di più. Le persone che si riconoscono categoricamente come donne o come uomini sono, in un sistema d’identità di genere, definite ”binarie”. Se le persone non si riconoscono in un genere definito, e questo accade soprattutto nelle nuove generazioni, la identificheremo come “non binaria”. Questi non si riconoscono in modo chiaro e netto con nessuno dei due poli, ma possono presentare caratteristiche femminili e maschili insieme e anche variabili nel tempo (genderfluid).In ultimo, ci sono individui che non vogliono essere collocati in alcuna definizione di genere, perché si sentono “sopra tutti i generi” (agender).

Per questo motivo la Generazione Z ha fatto propria la rivoluzione gender neutral perché è la generazione che più di tutte rifiuta il dualismo maschile/femminile. Gli individui di questa generazione non vogliono appartenere per forza all’uno o all’altro genere.

Anche il termine LGBT (Lesbica, Gay, Bisessuale, Transgender), già da molti conosciuto e che spesso leggiamo sui giornali e riviste per le battaglie sui diritti condotti, ha arricchito la propria sigla, attualizzandola alla nuova situazione fluida di quest’epoca. All’acronimo originario, si è aggiunto il finale QIA+ (Queer, Intersessuali, Asessuali, e il + indica tutte le identità di genere non binarie e non eterosessuali). Questa sigla ci racconta che l’identità di genere è una cosa diversa rispetto all’espressione sociale di quell’identità di genere. Per essere più chiari, se un uomo che si identifica come maschio dalla nascita, talvolta si veste da donna, non per questo non è più uomo. Si vuole vivere la propria sessualità e la propria affettività senza costrizioni di alcun tipo, ma solo con l’esigenza di rispettare la propria unicità, sentendosi a volte un ragazzo a volte una ragazza.

Stiamo assistendo anche alla necessità di un cambiamento di linguaggio soprattutto e in assoluto all’estero (in Italia infatti siamo solo all’inizio) che sta avvenendo per rivolgersi ad una persona di genere “non binario”. In Italia, in passato, si sono fatte lotte ad esempio sul linguaggio sessista per l’uso del femminile per definire le cariche pubbliche o anche professioni considerate prettamente maschili. Questa del cambiamento del pronome, per identificare un binarismo di genere, però ci porta a farci domande sulla comunicazione. Se non sappiamo il genere della persona con cui ci raffrontiamo, è consigliato utilizzare pronomi indefiniti o verbi impersonali, come:” sei stato bravo a scuola?”, diventa: “come è andata la scuola?”. In questo modo generico evitiamo di urtare la sensibilità e la scelta personale di ciascun individuo.

In inglese si usa il pronome alla terza persona plurale “they”, in Italia si è proposto di troncare o sostituire la vocale che identifica il genere, con un asterisco, senza parlare della lingua spagnola con “elle”, la portoghese, la tedesca, la francese e così via.  Come altro indicatore negli ultimi anni si è assistito a un notevole cambiamento nella moda e nel modo di vedere delle generazioni più giovani. Questo perché i ragazzi della Generazione Z mostrano un atteggiamento più fluido e inclusivo nei confronti della gender identity, al di fuori  dell’ imposizione binaria maschile/femminile che per decenni ha visto contrapposto il “machismo “ al “gentil sesso”. Le aziende stanno cambiando il loro approccio. Per attrarre la Generazione Z e diventare genderless, hanno deciso di presentare i propri prodotti in modo genderless, cioè non categorizzati “per uomo” o “per donna”, ma in base alla funzionalità per cui sono stati pensati o alla collezione, nel caso della moda, a cui appartengono, indipendentemente dal genere, in modo che i clienti abbiano la possibilità di scegliere solo seguendo il gusto personale.

Qui da noi definirsi “non binario” è un coming out ignorato. L’Italia registra i suoi cittadini come di sesso femminile e di sesso maschile, senza opzioni di scelta. Anche la comunità di psicologi e medici spesso non sono informati e formati  sulla  fluidità di genere e tendono a sminuire i coming out, spingendo le persone ad accettare il proprio nome anagrafico e la propria collocazione sessuale. E’ chiaro che è nostro compito, per essere dentro questo cambiamento, fare informazione, sensibilizzare scuole, aziende, dare ascolto ai protagonisti “non binary”, a porsi domande come in questo articolo, per aiutare le persone a far chiarezza e capire l’ esigenza di questa nuova generazione Z di non identificarsi ma di considerare come valore assoluto la propria unicita’.

Virginia Sanchesi

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