Lo aveva detto già circa quarant’anni fa un pensatore francese, Jaques Derrida: ” L’informazione non informa ma ” forma” i fatti”.
Ebbene, mai come nel nostro tempo, quest’asserzione risulta fondata, direi suffragata dalle cronache di tutti i giorni.
E portando alle estreme conseguenze quel ragionamento, si potrebbe dire che alla fin fine anche gli stessi fatti siano privi di una loro oggettiva intrinseca esistenza.
Ciò anzitutto accade perché viviamo in tempi di analfabetismo etico e comunicativo. In molte occasioni non si tenta neanche di abbozzare il benché minimo ragionamento; al contrario, reazioni e contro-reazioni a determinati eventi, si declinano soltanto in insulti e violenze, entrambi definitivamente sdoganati nel vivere sociale.
In Inghilterra ad esempio, a fronte dell’orrendo omicidio di tre bambine da parte di un delinquente di origini ruandesi, si reagisce mettendo a ferro e a fuoco le città, si perpetrano, con modalita’ da Ku klux klan, violenze e vandalismi ai danni della generalità dei cittadini extracomunitari, molti dei quali perfettamente integrati in quella comunità.
In Italia invece, si dà vita per cinque giorni di fila a uno stucchevole dibattito sul caso dell’androginia della pugile algerina ( come se non esistessero argomenti più rilevanti), alla quale ha dovuto soccombere la nostra campionessa di Boxe Angela Carini. Si assiste all’ennesima strumentalizzazione politica di un caso che dovrebbe essere semplicemente oggetto di una più attenta regolamentazione da parte del comitato olimpico, e non invece terreno di scontro delle solite faziosità di destra e di sinistra.
Tutto questo come dicevo, a scapito di una verità, di cui tutti noi veniamo tenuti scientemente all’oscuro.
Siamo diventati spettatori di una grande rappresentazione collettiva, nella quale esistono solo chiacchere di destra e di sinistra, chiacchere, spiace dirlo, più da bar che da salotto piccolo-borghese.
Non vediamo più la realtà, ma il suo simulacro, e cioè ciò che ci confezionano fonti di ( dis)informazione e uomini politici inconsistenti, che tirano l’acqua al loro mulino, in nome di interessi privati ed economici.
Davanti a questa grande manipolazione collettiva, esiste un unico rimedio: non credere più a nulla di quello che ci ammanniscono.
Credere solo a noi stessi, alla nostra capacità di discernere e di pensare autonomamente, che, come sosteneva Cartesio, costituisce o dovrebbe costituire, l’essenza stessa della nostra natura umana.
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La grande manipolazione collettiva: credere solo a se stessi
Intervento dello scrittore Fabrizio Uberto
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