Uno spettacolo che offre momenti di insegnamento, sia nello svolgimento, sia dopo. Soprattutto, quando si chiude il sipario e ci si congeda dalla sala, ancora allietata da una atmosfera, non “etichettabile” a parole. La storia che si racconta è animata da attori giovani, competenti e che ben si calano in un’epoca, ora, quasi impossibile, in particolare per una parte di pubblico che assisteva, gli adolescenti, da comunicare con facilità: viviamo in un’epoca del qui e subito; Francesco, sin da bambino, sapeva che l’unico “strumento” per la soddisfazione genuina dello Spirito è Dio e una “connessione” pacifica con el sue creature. Il foglio con il testo de “Il Cantico delle Creature” è consegnato all’ingresso e già invita il pubblico a calarsi nel XIII secolo: anche la calligrafia era arte!
Attori: Francesco Tortorella (San Francesco), Roberto Fazioli (frate Tancredi, messo di Satana), Francesco Trasatti (frate Pietro), Massimiliano Viola (frate Leone), Simone Sabia (frate Rufino), Giorgio Melone (frate Pacifico, un giovane prete), Rachele Sarti (Santa Chiara)
Costumi di Laura de’ Navasques
Elementi scenici di Michelangelo Raponi
Light designer e suono Mimmo De Mattia
Aiuto regia Giovanni Bertoletti
Fotografia di Carlo Bellincampi
Una produzione “La Città degli artisti – Margherita Romaniello”
“La storia di San Francesco” è liberamente tratta dal romanzo “La sapienza di un povero” di Éloi Leclerc, uno dei testi biografici sul santo più importanti ed accurati, interessante perché racconta l’ultimo periodo di vita, quello della crisi spirituale e del rifugio dopo aver abbandonato i suoi confratelli, ormai allontanatisi dalle origini e divisi. Il frate, le cui origini erano di Assisi, e si ritrovava a pregare sull’Eremo delle Carceri, viene seguito dai più fedeli e dalla sorella Chiara, unico individuo “umano”, che può alleviare un poco i dolori fisici e morali, nel momento in cui riflette se proseguire a essere un testimone della Parola di Dio o un “esagerato”, con una vocazione che, in quel momento, lo tralascia a un destino oscuro.
Pino Quartullo e il suo cast riescono a creare un atmosfera profondamente spirituale, in cui sono palpabili l’instabilità, la paura, l’incertezza dei personaggi, in cui ognuno può ritrovare le sue fragilità e la forza per affrontare le debolezze.
I dialoghi sia monologhi sia con altri attori sono molti empatici di spiritualità, ci accompagnano sulle orme del pensiero francescano.
La scenografia è volutamente essenziale: una grande croce di legno è centrale nelle scene, pochi elementi d’arredo, coinvolgimento del pubblico ampio dal talento dei ragazzi: non sono necessari fronzoli, quando il pathos cattura il pubblico, che si è ritrovato a brindare con il regista, Pino Quartullo, lo staff e gli attori, provenienti da Roma, accolti dalle “bolle”, dell’azienda “Losito&Guarini”, ampia azienda, con sede a Redavalle, e ospiti al ristorante e pizzeria, “Eryngium”, a Campospinoso, intervistato la scorsa estate.
Come ha affermato il Sindaco, Antonio Riviezzi, il teatro non è un costo: se funziona, è un investimento per le generazione, che, ora, si ritrovano in questo “mass media”, come unico ancora invariato. La nuova sfida sono i ragazzi, soprattutto la fascia dalle scuole medie inferiori, superiori e università, che è assorbita da un universo parallelo virtuale, che non è sostituibile alla, per quanto intricata sia, sinergia tra individui, con cui si condividono sensazioni dirette, in cui un sorriso ne fa scaturire un altro, come un commento sulle colline dell’Oltrepò Pavese, in giornate piovigginose, e ai vigneti che ben conoscono anche nella Capitale.
Complimenti anche al Teatro, che ha scelto un programma invitante, dal venerdì alla domenica, nelle date che potete consultare e prenotare sul sito web e nella pagina Facebook, invitando qualsiasi generazione Un’altra notizia che è motivo di onore è aver raggiunto una quota di 300 iscritti all’associazione culturale “Amici del Carbonetti”. Questo teatro ricorda la storia del Santo: da un giovane credente, a una crisi mistica che lo aveva colpito nell’anima pura, a un uomo che, con la sua vocazione, ha seminato circa 28.200 “colleghi”, nel mondo!