di FABRIZIO UBERTO
Anche stasera, come ogni anno, ci immergeremo nel solito rituale, all’insegna di allegria forzata e sovraeccitazione di maniera.
Festeggeremo, in una parola, pur chiedendoci che cosa in realtà dovremmo festeggiare.
Dobbiamo celebrare un mondo dilaniato da guerre, rappresaglie e stragi di innocenti? Oppure il possibile ritorno alla guida di diversi Stati europei di formazioni politiche che sono l’esatta riedizione di quelle che hanno originato gli orrori della prima metà del novecento? O ancora : dobbiamo stordirci, dimenticare tutti i femminicidi che hanno insanguinato il 2024, o quell’imbarbarimento delle coscienze che qui nei social arriva al punto di insultare padri di famiglia divorati dagli squali o la nostra giovane giornalista, Cecilia Sala, sequestrata da uno Stato Aguzzino?
Si obbietterà il ritornello di sempre : ” Dobbiamo comunque festeggiare, sperare in un domani migliore!”
Ma è proprio questo l’errore che a mio giudizio ( e credo non solo mio), non si dovrebbe più compiere, per l’appunto continuare a ” sperare”.
Sarebbe giunto il tempo di abbandonare il concetto di ” sperare”, sostituendolo con quello di ” credere”.
Nello “sperare” si annida sempre qualcosa di deresponsabilizzante, l’affidarsi a un “Quid” che ci sovrasta e che d’incanto dovrebbe imprimere al corso della Storia , mutamenti virtuosi.
Il “credere”, per contro, è un atto di fiducia nella nostra capacità di continuare a coltivare quei valori ( altruismo, onestà etica ed intellettuale, tolleranza) che per fortuna improntano ancora la condotta di molti uomini e donne del nostro tempo.
Ecco, mi sarebbe piaciuto che stasera Qualcuno, avesse promosso, in luogo dei soliti sterili festeggiamenti, un corteo o una manifestazione di piazza in onore di Cecilia e di altri valorosi, vittime di oscurantismi e soprusi, per inviare loro un forte abbraccio.
Un abbraccio di vicinanza e stima, per la tenacia e il coraggio con cui svolgono il loro lavoro, perseguendo nobili ideali di giustizia e verità.