In questo periodo dell’anno si stanno concludendo gli esami di stato (maturità). I festeggiamenti espressi da parte di alcuni famigliari e alunni sono apparsi del tutto inadeguati.
A quanto pare, per molti studenti, appena varcata la soglia dell’istituto superiore, poco dopo aver sostenuto il colloquio orale, iniziano festeggiamenti sguaiati ed eccessivi: urla, applausi, coretti osceni, bottiglie di champagne stappate, lanci di coriandoli o di uova, gavettoni.
I comportamenti appaiono esagerati e fuori luogo, ad ogni modo penso sia sempre utile cercare di proporre alcune considerazioni.
Nella nostra epoca, ormai sono quasi del tutto assenti quelli che l’antropologo Van Gennep aveva definito: riti di passaggio. Nelle società semplici (primitive) erano presenti dei rituali cruenti, complessi e spettacolari in cui sia i bambini sia le bambine conseguivano lo status di donne o uomini. Chi oggi pratica il bungee jumping, probabilmente non sa che questa disciplina sportiva deriva dal rituale (di passaggio) del Gkol, il quale consiste nel lanciarsi da dei rami legati a delle litanie; il rito si celebra nell’isola di Vanatu (Nuove Ebridi, isole dell’Oceania, a circa 4.000 Km dall’Australia).
Pensare che la maturità sancisca il paesaggio da adolescente a uomo è errato. Chi ha frequentato un liceo probabilmente proseguirà il suo iter istruttivo iscrivendosi all’università, chi ha frequentato un istituto tecnico o professionale probabilmente proseguirà in un ITS (altri due o tre anni).
Forse questa è una delle motivazioni per cui si sente spesso dire: “A cosa serva mai un diploma? A volte anche ” a cosa serve una laurea?
Spero che chi affermi queste frasi sia una famiglia particolarmente attenta al bilancio. Derek Bo, famoso preside dell’università di Harvard aveva affermato: “Se pensate che l’istruzione sia costosa, provate con l’ignoranza”. Se una persona non vuole studiare e desidera “acquistare” un titolo di studio, ricordo che un diploma è venduto per circa € 5.000, una laurea tra € 15.000 e € 20.000. Presumo che la conclusione da trarre risulti semplice a tutti: meglio studiare e pagare le tasse in una scuola io università italiane, il costo è solo il 10% rispetto alle cifre sopra prospettate, inoltre si può sempre imparare qualcosa.
Torniamo ai nostri studenti. Qualcuno potrebbe sottolineare che il 90% di promossi e l’attuale modalità dell’esame di maturità non siano indice di una prova così difficile. In passato si affermava che la maturità risultava essere l’esame più difille della vita, a volte perfino più complicato di alcuni esami universitari. Siccome oggi il successo formativo (diplomarsi a prescindere da ogni altra considerazione) è obiettivo irrinunciabile, ricordo che il successo è effimero, volatile. Una volta terminata la prova orale appare ovvio ai nostri studenti che si debba filmare, fotografare e immediatamente cambiare lo status e postare sui media sociali: diplomata/o.
Mi limito a ricordare come lo sfoggio di corone di (finto alloro) deriva dall’antica tradizione olimpica. Le gare erano un omaggio agli dei e i vincitori raggiungevano lo status di divinità viventi. L’accostamento appare quanto mai stridente se non ridicolo, anche se forse è proprio questo che funziona su media sociali.
Qualcuno potrebbe affermare che rispetto ai riti di passaggio alla maturità mancano il dolore e la tragedia. Purtroppo no. L’alternanza scuola lavoro (per il “gerghese” scolastico ministeriale PCTO = percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento) dalla loro attuazione (“Riforma” Moratti legge 53/2003) vanta l’incredibile numero di 18 morti e circa 300.000 infortuni. Tutto ciò però non basta, alcuni alunni non ammessi all’esame di stato si sono suicidati. A mio avviso non bisogna puntare l’indice contro studenti e famiglie. La goliardia e la festa sono tipiche di una istituzione nata nel medioevo: l’università. Gli studenti all’epoca godevano di una certa libertà. La scuola superiore deriva dal collegio gesuitico, il primo fu fondato a Messina nel 1548, gli esami hanno avuto inizio qui.
Forse oggi il dramma della nostra scuola è non riuscire a far capire la propria utilità e valore. Per molti studenti e genitori le regole e i comportamenti richiesti dalle istituzioni scolastiche risultano incomprensibili e inutili. Oggi l’idea è “se pago devo avere” Detto in altro modo: io pago le tasse e la promozione è un obbligo (anche se i miei figli non si presentano a scuola).
Già Freud aveva scritto che la vita civile richiede un sacrificio pulsionale, evidentemente alunni e famiglie che hanno aderito alle regole scolastiche in modo strumentale, scatenano tutta la loro insofferenza una volta giunti alla fine del percorso. Sicuramente ognuno può festeggiare come meglio crede, noto che in genre i festeggiamenti avvengono appena varcato il portone scolastico, effettuando uno “sfregio” a volte non solo simbolico a un edificio (inteso come luogo) che evidentemente non merita alcun rispetto.
Questi episodi, oltre ad aver causato alcuni feriti, sono indice del fallimento educativo, mal che vada uno studente può conseguire il diploma anche se afferma che Aldo Moro sia stato ucciso dalla mafia, che gli alleati nella II guerra mondiale sono sbarcati in Lombardia o che Cristoforo Colombo abbia scoperto l’America nel 1848.
La scuola è una realtà complessa, forse incomprensibile ai più (anche a chi la frequenta). Chi è irritato per questi episodi può semplicemente ricordare a tutto il mondo scolastico che il comportamento degli alunni deve essere consono e appropriato. Forse chi festeggia secondo una modalità sguaiata meriterebbe la giusta conseguenza: l’insuccesso formativo alias: la bocciatura.
La politica ha effettuato notevoli danni al sistema scolastico, varie riforme inutili e mal ancora applicate. Per evitare i festeggiamenti eccessivi non servono rivoluzioni o riforme della scuola, ma una soluzione più semplice, applicare le direttive per cui alunni che non hanno comportamenti consoni non si diplomano.
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