Due Chiacchiere con l' Arte

Enrico Borgatti , SCRITTORE

 

SINOSSI DELL’ OPERA

IL MAGICO NATALE DEL GIUDICE’
E ALTRE STORIE

In tutti, ma in nessuno, come in questo libro, Borgatti da spazio alla cultura: inseriti in molti dei racconti, si trovano brevi, ma gradevoli cenni, che si agganciano con la pittura o con la letteratura o con la storia. Di quelli, se ne serve per commuovere, per condurre al sorriso o per fare semplicemente pensare, rendendo i suoi scritti piacevoli e attuali, anche fra cinquant’anni.
Del libro, questo ha scritto Eleonora lo Curto nella prefazione.
Quattordici racconti che nella ovvia diversità delle trame trovano un comune filo rosso nella straordinaria forza creativa dell’autore, abile inventore di storie brevi, intense e folli. Una scrittura quella di Borgatti semplice e chiara che utilizza la grammatica dei sentimenti e delle emozioni parlando di volta in volta al cuore, al cervello e alla pancia del lettore. Se c’è un pregio in assoluto nei racconti di Borgatti è certamente quello di saper mescolare il reale con il surreale, la finzione con la verità, il possibile con l’impossibile, l’incredibile con il probabile e per questo anche ciò che è assolutamente fantasioso è in grado di appassionare come, quanto e persino di più di ciò che trova spunto in fatti reali. Quando si arriva alla fine di ogni racconto il lettore di sicuro avrà sorriso, pensato, sospirato … certamente avrà gustato ogni frase, ogni parola e mai sarà rimasto indifferente. Lo stile narrativo colto ed elegante ma scevro di fronzoli letterari cattura l’attenzione del lettore che percepisce l’autore proprio attraverso i personaggi che popolano i suoi racconti. Un po’ folle, a volte triste, ironico e persino comico ma sempre profondamente onesto e sincero anche quando le sue storie e i suoi personaggi attraversano l’irreale, l’impossibile e il poeticamente surreale.
Accomuna le storie l’incipit, che fa si che bastino le prime dieci righe perché il lettore diventi ansioso di conoscerne il seguito, di queste che definirei tutte: “storie avvincenti”.
E il finale sempre scoppiettante.

Sono 14 storie, di cui una poesia. Fare una sinossi del libro non è possibile, ogni storia richiede una propria sinossi, cosa che abbiamo fatto.

IL MAGICO NATALE DEL GIUDICE
È la storia di un giudice, vittima innocente della politica e di certi personaggi potenti. La sua onestà, la sua rettitudine erano state messe in dubbio, neppure in famiglia lo credevano!
E lui se n’è andato, traferito in un paese lontano, per non tornare mai più, il giorno dopo sono arrivate le valige: gli abiti e le prove che lo scagionavano, ma che il Giudice non era mai riuscito ad esibire.
Lì, solo, isolato da tutti, che lui stesso tiene lontano, vive in una triste solitudine, inconsciamente, voluta e odiata.
È la vigilia di Natale e lui è solo nell’appartamento che guarda la via principale. Sconforto, mestizia, avvilimento, malumore lo prendono, attraversa la porta finestra e, dal balcone, fa per buttarsi. Quando «Buon Natale!» gli fa sorridendo un uomo … una donna … non capisce. Si rivelerà poi il suo angelo custode che gl’insegnerà il piacere di vivere, quello di parlare con la gente, di comunicare, di augurare a tutti il Buon Natale: nel corso di questa storia, diventata favola, e dalla quale, il 25 dicembre si risveglierà diverso.

IO E IL COLLEGA ERNEST
È una divertentissima storia, dove l’autoironia la fa da padrona, infatti, il collega Ernest di cognome fa Hemingway.
Il romanzo pubblicato ha un certo successo e il protagonista, con l’acconto ricevuto dall’editore, decide di ripercorrere i luoghi dov’era stato il grande romanziere. È sbarcato al Kilimanjaro International Airport e una guida lo ha condotto assieme agli altri del piccolo gruppo, su di una Jeep, in giro per quei luoghi incantevoli. Pernottavano nelle tende o in alberghi costruiti, tipo capanne, come quelli descritti dal “collega”, tre giorni in un posto, due in un altro. Era tutto meraviglioso: gli animali che si abbeveravano al tramonto, i colori che avvolgevano tali immagini, i leoni dal passo maestoso, quelli che sonnecchiavano all’ombra di alberelli, i piccoli branchi di zebre e quelli immensi di gnu, i mastodontici elefanti e altre specie di animali.
Sono fermi in uno di quegli alberghi sopra descritti. Un pomeriggio, dopo aver lautamente pranzato e bevuto, il protagonista, disteso in una comoda amaca, telefona e apprende, dall’editore, che il libro sta andando forte, ma che non riescono a stamparlo.
Secondo lui, la produzione non ce la fa tener dietro alle vendite: da lì iniziano le gag, le situazioni assurde, i fatti incredibili e divertenti, che, narrandoli, toglierei, al lettore, il piacere di gustare la storia. Il doppio finale fa il resto.

UN ESPRESSO AL CAFFÈ GUERBOIS A PARIS
Non può non emozionare, la scena di quando, il protagonista, Alessandro Costa, amante della pittura, frequentatore di musei di tutto il mondo e cultore dell’impressionismo francese, rimasto solo, la moglie è mancata da qualche anno e il figlio, ahimè, quando frequentava la terza elementare, si ritrova nel café parigino. Una fitta nebbia lo avvolge, si apre uno squarcio illuminato da una luce fortissima e gli appaiono loro due. Il bambino gli porge un pacchetto in confezione regalo, lo pone sul tavolo e quello, da solo, pian piano, si svolge e Alessandro si trova proiettato nei tempi a lui tanto cari: quelli della Belle Époque. Ai tavoli attorno, in quell’incontro senza tempo, scorge Van Gogh, Matisse, Degas, Manet, Renoir, Gauguin, Cézanne e altri che ha sempre ammirato. Tutti lo salutano come un vecchio amico, un collega, uno di loro. C’è anche Toulouse Lautrec, assieme a tre signore scollacciate; lo invita al suo tavolo, ma Alessandro «Excuse-moi, ce n’est pas possible.» e se ne va con la moglie e il bambino, tenendosi per mano, lungo una strada leggermente in salita, immersa nell’azzurro. Se ne vanno, tutti e tre, per scomparire per sempre dalla vista del mondo.

LORENZO GARGIULO: POETA, MECENATE E PENSATORE
Narra una giornata di Lorenzo Gargiulo, un nulla facente che campa di rendita. A chi gli domanda di cosa si occupi, dice di essere uomo di lettere e di cultura, quindi aggiunge con sussiego: «E pensatore.». E poiché spesso offre da bere agli amici, si considera anche mecenate.
Non ha mai scritto nulla, ma sbandiera il progetto di imporsi presto come poeta. Ci tiene all’accoppiata poeta e mecenate, essa lo accosta a Lorenzo de Medici detto il Magnifico, del quale è fervente ammiratore e, in nome del culto per lui che definisce omonimo, ha in mente di scrivere una ballata tipo Quant’è bella giovinezza, /che si fugge tuttavia! ecc.
Entra pure nel sociale asserendo che i ricchi, da Manzoni a Leopardi, tutti in possesso di belle case, ovviamente munite del bagno, luogo, dove si pensa e si crea, hanno usurpati, ai poveri, costretti a recarsi nei campi, la possibilità di scrivere opere eccelse come A Zacinto o l’Infinito o I Promessi Sposi o altro.
Le trovate, sono tante, come quando incontra un certo Caio, non parente di Tizio e di Sempronio, che di cognome fa Plinio. Lorenzo si mostra deferente nei suoi riguardi, quello spiega di essere soltanto discendente e lui gli chiede se discende da Caio Plinio il Vecchio o da Caio Plinio il Giovane. L’altro si riserva di consultare l’albero genealogico.
È un susseguirsi di gag, tutte spassose; termina improvvisando i primi due versi Bella è la mezza età, / ma ahimè, ella s’en va …” / Si fa l’alma meno gaia, / lor ch’arriva la vecchiaia. Ciò detto, riprende il corridoio, torna in bagno e dà inizio alla sua opera prima.

TRAMONTO A MARSALA
Raggiunta una certa età, si è preso la villa in Sicilia, dove c’è sempre il sole: da giugno a settembre non si muove da lì. Si è fatto vari amici alla Società Canottieri, a lui tanto cara. Quella sera però, la propria abitazione gli pareva lontana, troppa strada da fare: è stanco, piedi e caviglie sono più gonfi del solito, si sente spossato. Seduto accanto al mare, in una poltroncina modello regista, che guarda il sole calare dietro l’orizzonte, se ne sta immobile.
Poi, il sole, che sta tramontando, gli appare alto nel cielo e si rivede giovane, al mare, accanto a un jukebox, le cui musiche accompagneranno tutta la storia. Gli è accanto una ragazza bellissima alla quale si è scordato di chiedere il nome, ma che poi sapremo chiamarsi “Gioventù”. Fanno il bagno, ascoltano le canzoni degli anni ‘60, si lasciano e la rivede nel pomeriggio, e, assieme, ne ascoltano altre di quelle musiche dei suoi tempi.
Scherzano, ridono, conversano, lui fa qualche avance, man mano però … e tutto ritorna come all’inizio della storia: quando lui guardava il sole calare dietro l’orizzonte.
Poi: si ode il suono lacerante di un’autoambulanza che si avvicina, una brusca frenata, il cancelletto blu era già stato aperto, il medico e un volontario entrano e scendono rapidamente le scale …
Il resto è routine.

IL SEGRETO DEL GABBIANO BAKHTI
È una storia tutta da sorridere, dove le tristi narrazioni altro non sono che motivi ironici e divertenti. Il gabbiano, perfettamente umanizzato, narra, a un’apericena col narratore e la moglie, quella che è stata la sua vita, come è arrivato in quel luogo. Le gag comiche descritte alla stregua di tristi storie sono tante!
Lui, uomo … pardon, gabbiano di cultura, si abbandona a disquisizioni letterarie e narra come è arrivato in quel luogo. Descrive peripezie, disavventure e odissee che rattristano la moglie e che, andatosene il gabbiano, le fanno dire, rivolta al marito:
«Una gran brutta storia!».
E lui, allargo le braccia:
«Speriamo che piaccia ai lettori!».

IL PICCOLO GIULIANO G
È una storia tristissima, essa ci porta ai tempi del colonialismo, illustrandone, con competenza e conoscenza storica, i primi anni, quando tutto sembrava bello, meraviglioso, perfettamente organizzato; poi: la fuga improvvisa e, per alcuni, la tragedia. Infine, il ritorno in Italia, un tratto di storia di vita che sfocia, al pari di una fiaba, in un incontro surreale del protagonista, ancora bambino, con i suoi vecchi amici coi quali aveva giocato in Libia e, sui quali, gli avevano nascosto la verità.
Sono molti i racconti, dove Borgatti da spazio alla cultura, inserendo brevi, ma gradevoli cenni, che si agganciano con la pittura o con la letteratura o con la storia. Di quelli, se ne serve per commuovere, per condurre al sorriso o per fare semplicemente pensare, rendendo i suoi scritti piacevoli e attuali, anche fra cinquant’anni.

UN UOMO TRANQUILLO
È la divertente storia di un uomo che accetta tutto, senza dolersene, senza arrabbiarsi o infierire, perfino l’infedeltà della moglie. Non lui, ma suo padre, identico a lui, si è persino cambiato il cognome, a seguito di un invito pervenutogli da una grossa società di liquori. Loro lo hanno compensato con una scatola, appunto, di liquori; e lui, la moglie e il figlio, il nostro protagonista, se li sono bevuti, pur essendo tutti e tre astemi.
Sono tante le trovate, le situazioni assurde, i fatti che si proiettano fino ai tempi della Guerra dei Trent’anni, quell’interminabile e devastante conflitto, iniziato nel 1618 e terminato nel 1648. Noi ci limitiamo a presentare il “tormentone” che accompagna tutto il racconto: va … eccetera e chi ci trova? «Il Professor Lucillo Cucchiariotto.» penserete tutti voi: macché, nel … eccetera. Alla fine, lo incontra ‘sto Professor Cucchiariotto, però non si conoscevano, non si erano mai visti, e ciascuno se ne è andato per la propria strada.
Qui si è servito della storia per far sorride: sono molti i racconti, dove Borgatti da spazio alla cultura, inserendo brevi, ma gradevoli cenni, che si agganciano con la pittura o con la storia o altro e che rendono i suoi scritti piacevoli e attuali, anche fra cinquant’anni.

CINISMO E NOBILTÀ
È la storia di un vecchio scrittore, un nobile decaduto che, messosi a scrivere per necessità, si è rivelato un talento, ottenendo un inaspettato successo di pubblico e di critica. Ora vive solo, solo col suo fedele maggiordomo, che gli fa da cameriere da cuoco e da segretario: Rivolgendosi a lui lo appella Signore, parlando con gli altri è Il Maestro.
Deve consegnare il nuovo romanzo, ma l’idea non gli viene, neppure il titolo, neanche sa dove ambientarlo, è li, innanzi al foglio bianco e vola, con la mente, a quando le idee gli sgorgavano repentine, quasi con irruenza e lui, rischiando di perdere il filo della storia, continuava con la sinistra a battere sui tasti mentre con la destra le annotava in fretta su di un foglio di carta, col timore che gli sfuggissero. Poi la storia, diventata surreale, ci mostra il romanzo terminato. Segue: la telefonata dell’editore, la risposta del maggiordomo, lui che richiama e infine … beh, il finale non ve lo dico.

L’AMICO DEL FANTASMA DELL’OPERA
LO SCRITTORE ENRICO BORGATTI, LA SINOSSI DI UN SUO RACCONTO E UN’IMMAGINE CHE ENRICO HA TROVATO BELLISSIMA – 834 – 10 – LUSTRATI GLI OCCHI E ILLUMINA LA MENTE.
Borgatti si è servito della cultura, letteratura e storia, per farci sorridere narrandoci in L’Amico del Fantasma dell’Opera, di quel fantasma appunto, all’anagrafe, nato nel 1398, che era partito dalla Scozia per andare a trovare uno pseudo studioso di fantasmologia, termine inesistente. Sarà poi lo stesso fantasma a definire, tale studioso, “l’unico, sulla terra, che crede ancora ai fantasmi”. Strada facendo si era fermato a Parigi dove era già stato due volte: una nel 1789 in piena rivoluzione francese, fuggendone subito e, circa cento anni dopo: quando ha conosciuto il Fantasma dell’Opera, protagonista e che da il titolo al celebre romanzo scritto da Gaston Leroux e dal quale hanno tratto film e musical.
In tutti, ma in nessuno, come nel libro che contiene questa storia, Borgatti da spazio alla cultura: inseriti in molti dei racconti, si trovano brevi, ma gradevoli cenni, che si agganciano con la pittura o con la letteratura o con la storia. Di quelli, se ne serve per commuovere, per condurre al sorriso o per fare semplicemente pensare, rendendo i suoi scritti piacevoli e attuali, anche fra cinquant’anni.

TEMPI DI COVID E L’INTELLETTUALE NO VAX
Il protagonista, fanatico contestatore come lo era da studente e ora convinto No Vax, nello stesso tempo, è un serio e riconosciuto studioso di letteratura dal milleseicento ai giorni nostri, tenuto in palmo di mano nella casa editrice dove lavora.
Viene colpito dal Covid, dapprima non ci crede, non vuole curarsi, ne ride con chi gli telefona, preoccupato. E invece la cosa è seria: viene ricoverato e intubato e da lì, una specie di sogno accompagna il suo coma farmaceutico. È lui stesso a narrarlo facendo un tutt’uno della patologia da cui era stato colpito e della peste descritta da Manzoni; rivive questa storia di morte, ora come si parla ai giorni nostri e ora, alla maniera de I Promessi Sposi.
È una narrazione fantastica, opprimente, talvolta angosciante, che affianca l’autore, al Dino Buzzati de Il Deserto dei Tartari. Essa termina con l’uscita dal coma e, sempre alla maniera dei Promessi Sposi, riprende per concludere il racconto: «Principiò come una grandine di goccioloni radi e impetuosi … Me la godeva in quella rinfrescata, che pure all’erba e alle foglie dava sollievo; mettevo certi respironi larghi e liberatori. Ma quanto più schietto e intero sarebbe stato questo mio sentimento, se avessi potuto indovinare che quell’acqua portava via il contagio.».

LA CONTESSA NELLA TINOZZA E LE SUE ANCELLE
È la storia di un giovane abbandonato dalla moglie che vive solo, in un appartamentino di periferia, è un perdente, sa di esserlo e lo ammette davanti agli amici. Tutti però gli vogliono bene e, per il suo compleanno, gli fanno un regalo importante e un regalino: tutti e due contribuiranno a cambiargli l’esistenza. È una storia di vita che passa, a tratti, dal reale al surreale e che lo mostra protagonista di sogni fantastici e impossibili, accanto a dame e cavalieri, in sontuosi palazzi o in carrozze trainate da pariglie di cavalli bianchi.
Pure loro contribuiranno a cambiarlo, ma sarà l’incontro con una certa ragazza, la serata con lei e quel in lungo bacio, nudi sotto la doccia, a far sì che le damigelle, i padroni del sontuoso palazzo, il servitore di carrozza, il vetturino e la Contessa se ne vadano, per sempre, dalla sua mente e lui acquisti quella sicurezza di sé che mai aveva posseduto.

LA MOGLIE DEL PARRUCCHIERE
Frutto di una fantasia prodigiosa, è questo estroso racconto, dove la protagonista, donna bellissima e intelligente, trova la quadra per uscire da una brutta e imprevista situazione, e comprende di esserne stata lei la causa, consultando e studiando attentamente niente po’ po’ di meno che I Vangeli. Nulla di oltraggioso nei confronti della religione, Borgatti: mai una volgarità e nessuna satira offensiva, anche se, spesso, sorride sulla politica. Lui non si schiera mai!
In tutti, ma in nessuno, come nel libro che contiene tale storia, Borgatti da spazio alla cultura: inseriti in molti dei racconti, si trovano brevi, ma gradevoli cenni, che si agganciano con la pittura o con la letteratura o con la storia e, in questo caso, con la religione. Se ne serve per commuovere, per condurre al sorriso o per fare semplicemente pensare, rendendo i suoi scritti piacevoli e attuali, anche fra cinquant’anni.

OGGI AVREBBE COMPIUTO GLI ANNI
È una dolce, triste e romantica poesia dedicata a una signora che il 30 ottobre avrebbe compiuto gli anni. Ora lei non c’è più, ma lui non vuole ammetterlo, con se stesso e con gli altri, e insiste nel dire, nel giurare che sta soltanto dormendo. È un triste colloquiare, con questi ospiti immaginari invitati alla sua festa di compleanno; s’interrompe due volte per volgersi a lei e dirle che non è sola. Ma un nodo lo prende alla gola.
Qualcuno ha compassione di lui, gli dice che potrebbe svegliarsi e allora:
È possibile? Questo si dice?
O lo dici per farmi felice!
Si potrebbe davvero svegliare!
Che si fa? Tutt’insieme a cantare!
È una storia in rima che, scrivendola, ha fatto piangere Enrico, e avviene ancora: ogni volta che la legge.
Il 30 ottobre avrebbe compiuto gli anni Laura, sua moglie.

 

BIOGRAFIA DELL’ AUTORE

Enrico Borgatti è nato a Ferrara. Negli anni Settanta si è trasferito a Milano e dal 2015 vive a Marsala in Sicilia.
Borgatti ha sempre scritto poesiole per gli amici, in occasione di feste e pranzi, ma solo a quarant’anni si è accorto di avere una certa fantasia e di saper scrivere specie nel settore umoristico. Ha partecipato a un concorso indetto da Radio Rai con l’Atto Unico Le Cugine che è stato scelto e trasmesso. Poi ha vinto un altro premietto, lui li chiama così, alla Tivù sempre per un atto unico, a un teleromanzo trasmesso sulla Prima Rete, ambientato a Trieste: si doveva inventare un finale alternativo.
Ha scritto una serie di Atti Unici e da uno, Tante Aspirazioni e un Ascensore Rotto, per la regia di Vito Molinari e l’interpretazione di Arturo Brachetti, un produttore di Milano ha ricavato un telefilm che doveva essere il primo della serie. Forse non è riuscito bene, forse il produttore non ha trovato i canali giusti o non s’è impegnato abbastanza ma il progetto è andato in fumo. L’Atto Unico ha ricevuto un riconoscimento al 5° Funny Film Festival di Boario Terme.
Per l’Editoriale il Carrobbio, un piccolo editore di Milano che non esiste più, ha scritto Pizzangrillo Pompeo, Morire dal Sorridere, i Milanesi e Bello come il Sole. Con quest’ultimo romanzo si è aggiudicato il Dattero d’Oro al Salone Umorismo di Bordighera del 1989. Contemporaneamente ha pubblicato alcuni libri per la Buffetti: La Segretaria del Capo, Vendere di Più, Far Vetrina. E ha pubblicato Milano Ride e Canta, una carrellata nella città degli anni cinquanta, sessanta, settanta e ottanta attraverso cantanti e attori. Ma Borgatti continuava a essere il solito imprenditore prestato alla scrittura e lo scrittore prestato all’imprenditoria.
Ricevuto il Dattero D’Oro, Enrico si aspettava onori e glorie … e offerte da editori di un certo livello, nulla di tutto ciò, ha così accantonato ogni ambizione letteraria per continuare la propria attività nel campo grafico pubblicitario e successivamente commerciale. Scriveva comunque, nello studio grafico che lui stesso aveva impiantato e dirigeva, curava i testi.
Trasferitosi a Marsala, nel 2018 ha iniziato a pubblicare racconti su Facebook, lì dove prevalgono le battute, gli aforismi, le foto dei nipoti e i proclami politici, è riuscito a crearsi con le sue storie di sette, otto pagine, un certo seguito.
Nei suoi racconti, Borgatti si preoccupa anzitutto dell’incipit che deve catturare, «Se le prime due pagine lo annoiano,» asserisce «chiude il libro e il lettore è perso per sempre.». Il suo stile di scrittura è ricercato e accurato, ma nello stesso tempo lineare e scorrevole, «La mente» asserisce «deve essere libera di goderne il contenuto senza spremersi a comprendere il significato di certi brani.». Pur rischiando di apparire prolisso, Borgatti ama inserire nella storia accurate descrizioni dei paesaggi e delle cose «Una storia, sia essa un racconto o un romanzo» dice Borgatti «non è la scarna cronaca di un fatto, ma una narrazione mista alla descrizione di particolari e di ambientazioni indispensabili per dare l’impressione di assistere a un film.».
Lui non ha un genere, spazia dall’umorismo dell’assurdo alle tristi storie surreali, ma mentre il primo si limita a far sorridere, le storie tristi talvolta diventano drammatiche.
Intervistato, ci ha confessato di divertirsi di più a fare l’umorista, di sentirsi più realizzato e non sono poche le persone di cultura che riconoscono che, in quel campo, Borgatti è unico e che sta offrendo qualcosa di veramente nuovo che gli permette di porsi accanto ad Achille Campanile. Borgatti però aggiunge «Anche se nei fatti, la maggior parte dei miei lettori si entusiasma di più alle storie tristi.».
Le sue storie sono ambientate a Milano, a Roma, in Sicilia, a Bologna, nelle Marche, a Mosca e in altre località, ma la maggior parte lo sono in luoghi indefiniti; così come, senza nome sono quasi sempre i protagonisti.
Li ho letti in Facebook i suoi racconti, anche quelli in rima dal contenuto leggermente osé, mi sono piaciuti tutti e tanto. Ed è stato leggendo i commenti dei suoi lettori che ho deciso di pubblicare questo libro, non dovevo forse? Libro che non sarà l’ultimo perché, oltre ad avere già tanto materiale pronto, il Borgatti è una fucina di idee e sta lavorando su di un romanzo del quale mi ha anticipato la storia: avvincente e fuori da ogni schema!
Tra le migliaia di commenti agli oltre cento racconti pubblicati, alcuni presenti in questo volume, altri no, ne ho scelto alcuni, i più brevi.
Giancarlo Ceccacci – Sarà che sono corti i tuoi racconti, ma li leggo tutti d’un fiato, non mi stancano e sono gradevoli anche se questo è un po’ straziante, ciaooooo
Stefania Butturini – Bellissimo mentre leggevo vedevo le immagini. Non avevo dubbi perché scrivi molto bene, grazie!!!! Buona serata. Pietro Angelo Ratto – Bella novella dove i racconti s’intrecciano perfettamente in una malaironia kafkiana. Bravo. Vittoria Corasaniti – Come sempre ci tieni col fiato sospeso per poi darci un finale inaspettato che lascia tutti senza parole. Che dire, lettura scorrevole, contenuto simpatico e realistico
Annamaria Carminelli – Hai molta inventiva … per restare nei termini. E’ un racconto simpatico, diverso e che si legge con piacere. Grazie! Complimenti. Gavino Spano – Molto avvincente ti cattura e ti trascina dentro. Il racconto lo vivi assieme, complimenti. Fabio Fabbricatore .- Chapeau! Vale Ruben – Scritto benissimo, come sempre. Non so se anche tu credi possibili queste cose. Io si. Ivelise Carchen – Enrico caro, è bellissimo questo racconto! Alla fine una lacrimuccia è sortita anche da una donna che non piange mai. Sergio Casagrande – Non sei uno scrittore ma una fucina di invenzioni. Giancarlo Pensato – È un racconto delicato, il più bello dei tuoi, ovviamente tra quelli che ho finora letto. Mi riporta a sensazioni adolescenziali che avevo quasi dimenticato. Rossana Maggiori – Bellissime parole che coronano questa triste storia. Gabriella Spano – Un amore segreto, fatto di sogni, illusioni, sguardi silenziosi, ma eloquenti più di mille parole. Soltanto chi, come te, ha una forte carica emotiva, avrebbe potuto scrivere questa storia d’amore triste, ma intensa. Complimenti. Alba Gerardi Che bella storia! Sei sempre bravissimo a coinvolgermi nella lettura dei tuoi racconti. Leonardo Dino Del Giudice L’incipit manzoniano è davvero esilarante. Ma come avrai fatto a imitare così bene quello strano lessico, un po’ milanese alterato della revisione fiorentina atta a “Sciacquare i panni in Arno”?
Ben concepito e sviluppato il giallo-rosa. Come sempre: Sei forte
Borgatti è nato nel 1938, è grave? Due anni di meno di chi guida la Chiesa, del Presidente di Forza Italia e tre meno del Presidente della Repubblica; lui però vanta una madre vissuta lucida fino a 102 anni.

 

INTERVISTA ALL’ AUTORE

 

Molti anni di scrittura e passione, da dove nasce la scrittura?

Io ho scritto da sempre: prima inventavo le poesie per gli amici e per ridere e scherzare alle cene, poi ho vinto un concorso in Rai per atti unici e ho cominciato a pubblicare. Però, sono sempre stato uno scrittore prestato all’imprenditoria e un imprenditore prestato alla scrittura.
La scrittura nasce, dopo anni di lettura, da un piacere congenito di inventare storie e di presentarle in maniera scorrevole e facile, facendo sì che si leggano tutte d’un fiato. Una mia fedele lettrice mi ha definito “Menestrello della scrittura intelligente e leggera”.

Cosa dobbiamo sapere di lei?

Tante cose, ma mi limito a una: a 86 anni, invento, faccio programmi e progetti, scrivo e mi promuovo, ho pronti due soggetti per due film, lavoro dodici ore al giorno e vivo convinto di campare altri 86 anni! In questo modo però, riesco, un po’, a non pensare a mia moglie perduta 4 anni fa: aveva sedici anni meno di me! Quando non sono attivo: piango! È la triste realtà.

Da chi ha preso spunto negli anni per continuare a scrivere?

Pur scrivendo storie tristi, talvolta drammatiche, mi sento più realizzato quando affronto l’umorismo, l’umorismo dell’assurdo: non la satira, che considero troppo facile. Da chi ho preso spunto … il termine non mi piace: non prendo spunto da nessuno, le idee sono mie e mi vengono spontanee, ma il mio maestro, quello che mi ha fatto decidere a buttarmi a capofitto nella scrittura, resta Achille Campanile, che Umberto Eco ha definito il più grande scrittore umorista del ‘900.

Quali autori ha letto nella sua carriera di scrittore? C’è un autore a cui si è ispirato?

Il suddetto Campanile, ma anche Josè Saramago, Jonesco, Oscar Wilde, Nikolaj Vasil’evič Gogol, io amo l’assurdo, il surreale, e scrivo storie assurde e surreali. Però, non è che, a quei scrittori, mi ispiri, io amo loro, ma ho un mio stile, personale che non si ispira a nessuno.

La vita, la cultura e i social, cosa ne pensa?

La vita, è una domanda troppo vasta, avrei troppo da scrivere e dopo … nessuno leggerebbe. La cultura, poverina, per lei non è un bel momento! Io però ne faccio tanto uso, do, alla stessa, molto spazio: inseriti in molti dei racconti, si trovano brevi, ma gradevoli cenni, che si agganciano con la pittura o con la letteratura o con la storia. Di quelli, me ne servo per commuovere, per condurre al sorriso o per fare semplicemente pensare. E mi fanno sperare che rendano, i miei scritti, piacevoli e attuali, anche fra cinquant’anni.
I social … sono arrivati così, all’improvviso, ci sono caduti addosso, e nessuno ha fatto in tempo a schivarsi! A parte le battute, quell’eccesso di comunicazione ha fatto sì che non si parli più alla gente, ma a qualcuno: si inseguono i venti o trenta like, e questo è tanto triste! Rammento negli anni ’80, reduce da una ospitata, il mio amico Arbore le chiamava “marchette”, da una ospitata nel programma della Carrà, in un Autogril, lungo l’autostrada, tra Firenze e Roma, mi sono sentito chiedere come è Raffaella.
Ora invece … sì, talvolta mi riconoscono per la strada, ma quante comparsate faccio, perché qualcuno mi chieda se sono Borgatti, lo scrittore!
Perché, ammettiamolo, è quello che vorrebbe chiunque abbia ambizioni artistiche. Poi, c’è chi lo ammette e chi no. Io lo ammetto, io che mi considero un ve… la definizione l’ho trovata per caso, mi stavo recando al mare ed ero sintonizzato su Rai, Radio Tre. Stavano parlando di Elvis Presley e dei suoi esordi: allora era visto come un giovane pieno di sogni. Io mi vedo come un vecchio pieno di sogni.

Dove possiamo trovare i suoi libri?

Il mio Editore ha un distributore che gli copre tutt’Italia, quindi, qualsiasi libreria o li ha, oppure li fa arrivare in due giorni, ed è lo stesso distributore che fornisce Amazon e tutti gli altri che vendono online.

Progetti futuri?

Spero che i due film dei quali ho pronti i soggetti, vadano in porto, la mia agente si sta sbattendo, fra nove mesi uscirà un nuovo libro, presento alcuni programmi, sempre sui social. Ma ne ho tanti altri di programmi, ed è giusto: per uno che pensa di campare altri 86 anni!

 

Di Manuela Montemezzani

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