INTERVISTA ALL’ AUTRICE
Ci parli della sua passione per la scrittura.
L’amore per la scrittura è stato direttamente proporzionale a quello per la lettura.
Ho sempre avuto una passione smodata per la carta stampata, il suo odore, l’impaginazione, le copertine che invitano a scoprire il modo dietro quelle pagine da sfogliare. Da lì, è stato quasi inevitabile il passo successivo, ovvero il desiderio di produrre qualcosa di personale. Inizialmente piccole frasi, poi pensieri sempre più corposi fino ad arrivare a intere pagine in cui hanno preso vita piccole storie o poesie in rima. Quando ho iniziato a mettere testa e cuore su Utòpia, ho capito veramente cosa significasse passione per la scrittura, quella sensazione di pace e allo stesso tempo esaltazione che ti tiene viva, che ti fa freddare le mani non di ansia ma di gioia per aver tradotto in parole l’universo di emozioni che si ha dentro. La scrittura è anche un mezzo per rimanere in contatto con la parte più emotiva di sé stessi e, come diceva la mia professoressa di psicologia all’università, “scrivere di un problema è già un mezzo risolverlo”. Devo ammettere di trovare una grande verità in queste parole. Una sorta di auto terapia attraverso la scrittura.
La qualità della scrittura oggi nel 2025?
Non mi ritengo all’altezza di fornire un giudizio in assoluto dei prodotti che il mercato dell’editoria ci mette a disposizione ultimamente. Quello che posso riscontrare, però, è la sempre crescente dipendenza dell’editoria dal concetto di mercato. Editori, critici ed esperti del settore, dall’alto della loro competenza, si interessano a ciò che ritengono adatto al pubblico ma, molto spesso, ho notato che la logica dei numeri sovrasti nettamente l’aspetto qualitativo di una buona lettura, perché sconosciuta ai più, perché incapace di una promozione efficace, e perché mirata alla qualità dei contenuti e non alla possibilità del marketing sottostante. Indubbiamente i potenti mezzi della pubblicità permettono a prescindere la diffusione di letture di qualità, quello che mi domando è se a venire prima è la ricerca della qualità o la necessità imprescindibile della vendita. Il mio timore è che, avendo la garanzia del nome che porta vendite, spesso la qualità ne possa risentire, a discapito di autori che, nel tentativo di emergere, sono eclissati dall’anonimato sinonimo di mancato seguito.
Di cosa parla il libro?
Il libro ha per protagonista un bambino di dieci anni, che grazie alla sua grande fantasia e alla voglia di immaginare una realtà ideale, entra in contatto con un mondo onirico in cui parola d’ordine sono curiosità, fiducia nei sogni e rispetto reciproco. Queste regole base guidano l’intera storia, sia nella parte “reale” sulla Terra, sia nella componente fantasy su Utòpia, con la speranza di lasciare nella storia un messaggio che possa fare la differenza per questa generazione di bambini e ragazzi che fatica a trovare punti di riferimento legati al valore dei sentimenti e l’importanza di seguire i propri sogni, senza arrendersi alla logica schiacciante e soffocante dell’apparenza, del “compra che ti passa” (cit. di Utòpia) che descrive, a mio avviso, la “Pangea culturale” in cui si è “incastrati” come continenti alla deriva nell’epoca contemporanea.
Ai nella letteratura. Cosa ne pensa?
Ultimamente l’acronimo AI spopola su qualunque mezzo di informazione, suscitando, come accade per qualunque novità, un seguito di commenti sia positivi che meno.
Personalmente sono propensa, per apertura mentale, ad accogliere qualunque novità la mente umana possa concepire, ponendo però dei paletti che ne determinano la fruizione da parte mia o un rispettoso rifiuto. L’intelligenza artificiale, nelle varie applicazioni in cui ha trovato forma, ha sicuramente un’utilità nel mondo contemporaneo, in vari ambiti.
Parlando della letteratura, però, sto ancora cercando il quid in più che l’Ai potrebbe fornire a quegli autori desiderosi di emergere, per i messaggi che vogliono lasciare al loro pubblico di lettori.
La scrittura è un’arte a tutti gli effetti, che consente a chi vi si accosta, sia da attore che da fruitore, di scoprire il mondo delle immagini tradotte in parole, dei sentimenti che entrano nel cuore in cui rimangono perché li abbiamo fatti nostri attraverso i personaggi dei libri.
Da accanita lettrice sono entrata in tante realtà distanti da me, grazie alle parole dell’autore, che trasferisce i propri vissuti, le memorie e le esperienze, traducendole in parole, che, a loro volta, diventano immagini nella mente di chi legge. Da autrice ho vissuto questo processo dall’altro lato dello specchio, e i personaggi che si sono sviluppati nella mia mente hanno conquistato anche il mio cuore, lasciandomi un po’ l’amaro in bocca quando ho dovuto salutarli, scrivendo la parola “fine”. C’è un gioco di intenti e di equilibri tra autore che dona e lettore che partecipa a questa donazione, perché di mezzo c’è il cuore. Un componimento scritto in base ad algoritmi che si forniscono alla cosiddetta “intelligenza” sarà linguisticamente, sintatticamente e grammaticalmente perfetto: ma il cuore dov’è? Se è vero, come diceva Piaget, che “l’intelligenza è la forma più alta e plastica di adattamento all’ambiente”, perché interviene la sfera emotiva che consente tale adattamento, non comprendo come una macchina, che, per definizione, di emotivo non ha nulla possa contribuire se non addirittura sostituirsi al compositore. L’arte, in ogni sua forma, è nata come espressione di dell’interiorità emotiva, unica in ogni essere umano, perché uniche sono le esperienze personali, i ricordi e le emozioni empatiche che quell’essere umano ha vissuto. Unico è il modo che chiunque ha di trasferire queste emozioni in scrittura. L’omologazione, probabilmente, a stretto giro ripaga in termini di prestazione, ma nel significato profondo che io cerco nella scrittura non trovo spazio in ciò che può essere definitivo “artificiale”. Il cuore dov’è?
Quando si arriva alla conclusione di pubblicare un libro e perché?
Pubblicare, per definizione, è la possibilità di rendere pubblico un prodotto. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, ho sempre invidiato gli autori pubblicati per il traguardo raggiunto perché significa aver avuto la capacità di sviluppare una tematica, un messaggio e la possibilità di divulgare questo messaggio per poter lasciare qualcosa di sé a chi si volesse accostare al proprio mondo interiore. In questo si può fare la differenza, come molti autori l’hanno fatta per me in passato e sicuramente continueranno a farla in futuro.
Anche in Utòpia ricorre spesso l’espressione “fare la differenza” perché, a mio avviso, è questo lo scopo finale di ognuno di noi, nel rapporto con gli altri. Una parola, un gesto, un sorriso, un pensiero possono rappresentare la differenza per qualcuno, e se questo si traduce nella pubblicazione di un libro, allora la risonanza aumenta, così come la soddisfazione e l’emozione.
A che pubblico si rivolge?
Tendenzialmente bambini e ragazzi potrebbero ritrovarsi di più in questa lettura, ma, dai primi feedback che ho ricevuto, anche molti adulti hanno apprezzato la leggerezza della forma, unita alla profondità dei temi. Forse proprio un pubblico più adulto, amante comunque del fantasy, riuscirebbe a cogliere i messaggi sottesi alla storia. Questo è il mio obiettivo finale, nel senso di poter donare un prodotto della mia fantasia che vada a solleticare una sorta di riflessione sulle parole, sui messaggi e non solo la fruizione della storia in sé.
In un’ottica educativa (sono pur sempre un’insegnante di scuola dell’infanzia) Utòpia, letto da un adulto a un bambino, sarebbe il “non plus ultra”.
Progetti futuri?
Il mio sogno nel cassetto, legato alla scrittura, è quello di dedicarsi esclusivamente a questo mondo, in ogni sua forma. Dovendo fare i conti con la realtà quotidiana, procedo a piccoli passi ridimensionando le aspettative, e intanto mi dedico, anche alla stesura del suo seguito. Ho già le idee disegnate nella testa, ora devono trovare forma attraverso le parole.
Non posso tralasciare gli impegni per la promozione del libro, organizzando a breve una presentazione e la partecipazione alla Fiera del Libro che si terrà ad aprile a Lucca con l’associazione culturale “Lo specchio dell’arte”.
Mi auguro davvero che il sogno dietro Utòpia, non rimanga un’utopia.
Dove troviamo il libro?
Il libro è disponibile in libreria, su Amazon, sul sito della Feltrinelli, ovvero i maggiori canali di vendita on line, e sul sito della casa editrice bookabook al link:
https://bookabook.it/libro/utopia/
Di Manuela Montemezzani