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I discendenti di un nobile e il diritto al titolo nobiliare: una vicenda tra tradizione e diritto costituzionale
La recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sezione I, n. 8955 del 4 aprile 2024) si inserisce in un contesto giuridico complesso e affascinante, che vede il diritto al nome intrecciarsi con la storica questione della nobiltà. Il caso ha come protagonisti alcuni discendenti di un marchese che hanno agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del predicato nobiliare come parte integrante del loro cognome, un fenomeno noto come “cognomizzazione del predicato nobiliare”. La decisione affronta questioni cruciali legate alla XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione, alla tutela del diritto al nome e alle modalità di impugnazione in sede processuale.
La vicenda: il riconoscimento del predicato nobiliare
Il contenzioso ha origine dalla richiesta di quattro soggetti di aggiungere un predicato nobiliare al proprio cognome (ad esempio, “di Roma”), in quanto discendenti diretti di un marchese vissuto nel XVIII secolo. Essi sostenevano che il titolo fosse stato concesso al loro avo e tramandato di padre in figlio fino al 1941, quando venne riconosciuto ufficialmente con un decreto registrato presso la Corte dei Conti. Il titolo, secondo i ricorrenti, rispettava i requisiti fissati dalla XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione: era stato concesso prima del 28 ottobre 1922 e riconosciuto prima dell’entrata in vigore della Costituzione, nel 1948.
Il rigetto in primo grado e in appello:
I giudici di merito, però, respinsero la domanda, ritenendo che i ricorrenti non avessero dimostrato due elementi fondamentali:- L’anteriorità della concessione del titolo rispetto al 28 ottobre 1922, data-limite fissata dalla Costituzione.
- La rilevanza del predicato nobiliare come elemento essenziale dell’identità familiare.
Inoltre, non era stato dimostrato che l’aggiunta del predicato costituisse una necessità per la tutela dell’identità personale dei ricorrenti. Anche in sede di appello, la domanda venne rigettata.
La questione dell’impugnazione incidentale tardiva
Dopo il rigetto delle loro richieste in appello, i ricorrenti principali proposero ricorso alla Corte di Cassazione. A loro si unirono alcuni discendenti del marchese con un ricorso incidentale tardivo adesivo, mentre altri rimasero inattivi. L’impugnazione incidentale tardiva, regolata dall’art. 334 c.p.c., consente di proporre un’impugnazione oltre i termini ordinari quando l’interesse a impugnare deriva dall’impugnazione principale o da un’altra impugnazione incidentale.
Le Sezioni Unite e l’impugnazione incidentale tardiva:
La Cassazione, richiamando la sentenza n. 8486/2024 delle Sezioni Unite, ha ribadito che tale strumento è ammissibile anche quando assuma la forma di un’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale. In particolare, l’impugnazione incidentale tardiva può essere proposta:- Quando l’interesse a proporla nasce dall’impugnazione principale.
- Quando l’interesse deriva da un’altra impugnazione incidentale tardiva.
Le Sezioni Unite hanno inoltre affermato che il principio di consumazione dell’impugnazione non preclude la possibilità di proporre un secondo atto di impugnazione, purché immune dai vizi del precedente.
Il titolo nobiliare e il quadro costituzionale
La XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana stabilisce che i titoli nobiliari non sono riconosciuti dallo Stato, ma i predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 possono essere utilizzati come parte del nome. La Corte Costituzionale (sent. 101/1967) ha delineato due condizioni essenziali per la cognomizzazione di un predicato nobiliare:
- L’esistenza del titolo prima del 28 ottobre 1922.
- Il riconoscimento del titolo prima del 1° gennaio 1948.
Secondo la giurisprudenza, i predicati nobiliari possono essere considerati parte del nome solo quando costituiscono veri e propri elementi distintivi dell’identità personale e familiare.
Il nome e il diritto alla personalità
Il diritto al nome è tutelato dall’art. 7 del codice civile e dagli articoli 2 e 30 della Costituzione. Si tratta di un diritto della personalità, assoluto, indisponibile e non patrimoniale, che protegge l’identità dell’individuo e vieta l’uso indebito del nome da parte di terzi. In alcune circostanze, come nel caso dei predicati nobiliari, il nome può acquisire una dimensione storica e culturale, diventando espressione di appartenenza a una stirpe o a un casato.
La giurisprudenza ha chiarito che il riconoscimento del predicato nobiliare come parte del cognome è possibile solo nei limiti fissati dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione, che hanno più volte ribadito l’importanza del nome come elemento identificativo della persona.
La decisione della Cassazione: un punto di equilibrio
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8955/2024, ha cassato la decisione impugnata senza rinvio, riconoscendo ai ricorrenti principali e a quelli incidentali il diritto di aggiungere il predicato nobiliare al proprio cognome. La decisione si basa sui seguenti principi:
- Il titolo nobiliare era stato concesso prima del 28 ottobre 1922 e riconosciuto prima del 1° gennaio 1948.
- Il predicato rappresentava un elemento distintivo dell’identità personale dei ricorrenti.
Inoltre, la Corte ha ribadito che il diritto al nome è personalissimo e può essere esercitato individualmente, senza che sia necessaria l’adesione di altri congiunti aventi lo stesso cognome.
In conclusione
La vicenda giudiziaria rappresenta un interessante caso di interazione tra diritto costituzionale, tradizione storica e tutela della personalità. Il riconoscimento del predicato nobiliare come parte del cognome, pur nei limiti fissati dalla Costituzione, dimostra come il diritto al nome possa riflettere valori identitari profondi, legati non solo alla storia familiare ma anche alla percezione sociale dell’individuo. La decisione della Cassazione sottolinea l’importanza di bilanciare il rispetto delle tradizioni con i principi di uguaglianza sanciti dalla Repubblica, garantendo al contempo una tutela efficace e personalizzata del diritto al nome.
Si vuole inoltre ricordare
Si vuole inoltre ricordare che il diritto all’identità personale, sancito dall’art. 2 della Costituzione, include il riconoscimento della storia, delle tradizioni e delle caratteristiche distintive di ogni individuo, ivi comprese quelle derivanti da titoli nobiliari privati o onorificenze conferite da associazioni o organizzazioni di carattere privato. Tale diritto si estende anche all’utilizzo di tali titoli come elemento di riconoscimento e identificazione sociale, purché non contrastino con l’ordine pubblico o i diritti di terzi.Esempi pratici
- Titoli nobiliari privati e associazioni riconosciute
Alcune associazioni, come il Sovrano Militare Ordine di Malta o altre organizzazioni nobiliari, conferiscono titoli di carattere onorifico o cavalleresco. Sebbene tali titoli non abbiano valore legale pubblico, essi possono essere utilizzati dai destinatari come espressione del loro patrimonio storico e culturale. La giurisprudenza ha riconosciuto in diverse occasioni che tali titoli, seppur non aventi rilevanza pubblica, possono rappresentare una manifestazione legittima dell’identità personale. - Sentenze di riferimento
- Tribunale di Roma, sentenza n. 3586/2015: Il Tribunale ha stabilito che l’uso privato di un titolo nobiliare conferito da un’associazione privata non è contrario all’ordinamento giuridico, purché non comporti l’attribuzione di vantaggi indebiti o privilegi.
- Cassazione, Sez. I, n. 10936/1997: Ha precisato che i predicati nobiliari possono fare parte del nome, purché essi rappresentino un elemento distintivo e identificativo della persona.
- Onorificenze conferite da autorità estere Anche onorificenze conferite da Stati esteri o organizzazioni internazionali, seppur non direttamente riconosciute dall’ordinamento italiano, possono essere utilizzate dal beneficiario in contesti privati come simbolo di status o identità. Il loro utilizzo è legittimo purché non implichi indebite rivendicazioni di privilegi.
Norme di riferimento
- Art. 8 CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo): Garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, includendo il diritto all’identità personale.
- Art. 7 Codice Civile: Protegge il nome e il suo utilizzo, consentendo al titolare di agire per tutelare il proprio diritto al nome in caso di usurpazione o contestazione.
Ulteriori considerazioni
L’uso di titoli nobiliari privati come parte dell’identità personale non deve essere confuso con un riconoscimento giuridico pubblico di tali titoli. La giurisprudenza e la dottrina, infatti, distinguono chiaramente tra il valore simbolico e culturale che questi titoli possono assumere per l’individuo e la loro rilevanza giuridica, che è limitata a ciò che l’ordinamento italiano riconosce.
Questo bilanciamento consente di preservare sia il rispetto per la storia e le tradizioni individuali sia i principi di uguaglianza e democraticità sanciti dalla Costituzione.
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Nobiltà in Tribunale
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AutoreMARCO PILLA
Marco Pilla nasce a Pavia il 24/09/1981 da famiglia d’alta borghesia, tra i quali il nonno materno Cremonesi Vincenzo, vecchio forgiatore, dal quale apprenderà l’antica arte della manipolazione dei metalli.
Sin da adolescente si distingue dai suoi coetanei per la sua capacità manuale, creando i suoi primi oggetti in ferro ,tutto ciò sempre sotto la stretta osservanza del nonno.
“Da quando ero ragazzino ad oggi non e cambiato nulla sen non l’aspetto fisico, ho sempre la stessa voglia di fare e di scoprire cose nuove per questo spesso sono in volo per il mondo. Questi miei continui viaggi ,mi danno la possibilità di apprendere in continuazione informazioni che permettono alla mia persona di aumentare sempre di più il bagaglio tecnico/culturale, anche perché io credo, anzi ne sono convinto, che all’interno di ogni essere umano ci sia una sorta di libreria, e che ognuno di noi abbia il dovere di riempirla nell’arco dei suoi giorni il più possibile, per se e per le persone che lo circondano.”
Iscritto nel registro dei periti araldici presso la commercio di Pavia, iscrizione n. 253 dell’11.1.2021
C.T.U. presso il tribunale di Pavia in genealogia e scienze documentarie
https://www.tribunale.pavia.giustizia.it/it/Content/Ctu?professione=-1&specializzazione=110332&idCP=85691
Inserito nella sezione artisti della celebre “Tota Pulchra”, associazione di promozione sociale, nata l’8 maggio del 2016 da un’idea di Monsignor Jean-Marie Gervais, Presidente della stessa Associazione e Prefetto Coadiutore del Capitolo Vaticano.
https://totapulchra.org/index.php/chisiamo/artisti/781-marco-pilla
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