di FABRIZIO UBERTO
Sgomento. Forse è questo il sentimento prevalente che stanno provando tutti coloro che hanno sempre creduto nei valori della democrazia e dello Stato di diritto. Perché di fronte a quello che ho definito ” Il Quarto Reich”, ai saluti romani, all’endorsement nei confronti delle forze neo-naziste che rischiano di affermarsi in Germania, in una parola all’esaltazione della vittoria del più forte di cui sono artefici i nuovi esponenti della tecno-autocrazia americana, la nostra generazione che pensava di non dovere più vedere questo terribile ricorso storico, si sente triste, demoralizzata, disgustata.
E le assonanze con quanto accadde un secolo fa, balzano agli occhi, anche se qualcuno forse fa finta di non vederle.
Anche allora come oggi, si assisteva alla crisi delle democrazie liberali, a quel desiderio di semplificazione brutale e di rivalsa da parte di ceti medi impoveriti, che hanno spianato la strada a modelli autoritari razzisti e farneticanti, con tutti gli orrori che ne sono conseguiti.
Ma accanto a questi sentimenti di sgomento e di demoralizzazione, un altro stato d’animo, sia pure latente, si sta facendo strada nell’ animo delle persone autenticamente democratiche.
Si tratta di un senso di colpa, di un’amarezza per le nostre eventuali omissioni, sia a livello individuale che sul piano istituzionale.
In che cosa abbiamo sbagliato?
Ad esempio, sul piano personale, forse qualcuno di noi non ha saputo trasmettere ai propri figli quei valori democratici che a nostra volta abbiamo mutuato dai nostri genitori?
Un interrogativo analogo dovrebbero rivogere a se stesse le classi dirigenti liberal-democratiche. Perché i fenomeni Trump, Musk, Milay, Afd in Germania, non sono meteoriti cadute sul mondo nello spazio di un mattino: al contrario hanno trovato il loro brodo di cultura nei sofismi di forze pseudo-progressiste che non hanno saputo risolvere quei nodi atavici che affliggono i rispettivi Paesi, partorendo alla fine figli degeneri delle loro inadempienze.
Per fare un solo esempio, certo è deprecabile che oggi Trump e Putin possano decidere, senza il coinvolgimento del Presidente Zelensky, come spartirsi l’Ucraina. Ma nel contempo ci si domanda che cosa abbia fatto l’Unione Europea per evitare tutto questo. A parere dello scrivente infatti ( e non solo), dopo una prima fase in cui è stato del tutto legittimo sostenere militarmente la resistenza di Kiev contro l’illegittima aggressione Russa, in un secondo tempo proprio la Ue avrebbe dovuto farsi promotrice di un negoziato di pace, per nulla arrendevole nei confronti di Putin, bensì fermo nello stabilire condizioni cui lo stesso “Zar” avrebbe dovuto attenersi. Prospettando altresì un punto di caduta tra le istanze dei due contendenti, che del resto era stato già configurato nei ( disattesi da parte ucraina) accordi di Minsk. Al contrario, nulla di tutto questo è stato quanto meno tentato e per tre anni si è parlato solo di armi, illudendo Kiev su una possibile vittoria e obnubilando le opinioni pubbliche occidentali, con la cortina fumogena di un’implausibile sconfitta dell’ “Orso” russo.
Per questo, tutti noi che crediamo ancora nei principi democratici e nell’onestà intellettuale, accanto alla denuncia dell’inaccettabile degenerazione autoritaria cui stiamo assistendo, non possiamo non evidenziare che sono stati proprio inettitudine, apatia e conformismo a generare una svolta autocratica ed eversiva che ricalca le pagine più buie della nostra Storia.