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L’assessore-vicesindaco Alice Moggi rende mogi i pavesi

Sul Naviglio, alla fine di viale Ludovico il Moro, si cela non un ponte, ma l’assenza concreta di una promessa, quella di una viabilità restituita alla normalità. Sono passati armai otto mesi dalla chiusura del ponte sul Naviglio, e oggi i residenti della Città Giardino parlano non più solo di disagi, ma di abbandono.

Mi sono recato personalmente sul posto per ascoltare le voci di chi ogni giorno deve fare i conti con un’amministrazione che, a detta di molti, sembra più interessata a sperimentazioni ideologiche – come la “città a 30 km/h” o la promozione di menù vegani – che a risolvere i problemi reali della popolazione.

“Ci sentiamo presi in giro,” mi racconta Laura, 56 anni, residente da oltre trent’anni nel quartiere. “Ci hanno chiuso il ponte e ci hanno lasciati così, senza una vera alternativa. Nemmeno una passerella ciclopedonale! Un palliativo, se pur ridicolo, che avrebbe dato modo di pensare ad una buona volontà da parte delle amministrazioni comunali”.

Nel frattempo, il silenzio del palazzo del potere è assordante. Dopo una timida dichiarazione dell’assessore e vicesindaco Alice Moggi, che parlava di ripristino celere della viabilità, tutto è tornato nel più totale oblio. E quel che resta del vecchio ponte, giace smontato e abbandonato sulla sponda del Naviglio. Una fotografia perfetta del degrado urbano e istituzionale.

“Io pago le tasse, ma in cambio non ricevo nulla,” dice un altro cittadino, visibilmente esasperato. “Nemmeno un’informazione chiara su cosa succederà. Solo propaganda e slogan.”

La situazione del traffico nella zona è ormai ingestibile,  code, deviazioni, rallentamenti, e un aumento dell’inquinamento sono la quotidianità di un quartiere dimenticato. E mentre i cittadini chiedono soluzioni, la politica locale risponde con il nulla,  o, peggio ancora, con passerelle mediatiche.

In molti ricordano che i pochi progetti funzionanti in città – piste ciclabili degne di questo nome, nuovi spazi pubblici – sono frutto dell’amministrazione precedente. Oggi, invece, Pavia sembra arrancare, guidata da un’amministrazione che appare più attenta ai titoli sui social che alla sostanza dei problemi urbani.

MARCO PILLA
Marco Pilla nasce a Pavia il 24/09/1981 da famiglia d’alta borghesia, tra i quali il nonno materno Cremonesi Vincenzo, vecchio forgiatore, dal quale apprenderà l’antica arte della manipolazione dei metalli. Sin da adolescente si distingue dai suoi coetanei per la sua capacità manuale, creando i suoi primi oggetti in ferro ,tutto ciò sempre sotto la stretta osservanza del nonno. “Da quando ero ragazzino ad oggi non e cambiato nulla sen non l’aspetto fisico, ho sempre la stessa voglia di fare e di scoprire cose nuove per questo spesso sono in volo per il mondo. Questi miei continui viaggi ,mi danno la possibilità di apprendere in continuazione informazioni che permettono alla mia persona di aumentare sempre di più il bagaglio tecnico/culturale, anche perché io credo, anzi ne sono convinto, che all’interno di ogni essere umano ci sia una sorta di libreria, e che ognuno di noi abbia il dovere di riempirla nell’arco dei suoi giorni il più possibile, per se e per le persone che lo circondano.” Iscritto nel registro dei periti araldici presso la commercio di Pavia, iscrizione n. 253 dell’11.1.2021 C.T.U. presso il tribunale di Pavia in genealogia e scienze documentarie https://www.tribunale.pavia.giustizia.it/it/Content/Ctu?professione=-1&specializzazione=110332&idCP=85691 Inserito nella sezione artisti della celebre “Tota Pulchra”, associazione di promozione sociale, nata l’8 maggio del 2016 da un’idea di Monsignor Jean-Marie Gervais, Presidente della stessa Associazione e Prefetto Coadiutore del Capitolo Vaticano. https://totapulchra.org/index.php/chisiamo/artisti/781-marco-pilla

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