“Ottanta memoria”: ma i problemi veri chi li risolve? Un mese di propaganda mentre le buche restano, i trasporti arrancano e le famiglie fanno i conti con l’abbandono istituzionale.
A Pavia le priorità sembrano ormai ribaltate. Mentre i cittadini si barcamenano tra strade dissestate, trasporti pubblici poco efficienti, caro vita, carenza di servizi e lunghe attese per qualsiasi risposta concreta da parte del Comune, il sindaco Michele Lissia e la vicesindaca Alice Moggi hanno deciso che la cosa più urgente è organizzare un 25 Aprile che dura più di un mese. L’iniziativa, chiamata “Ottanta Memoria”, prevede eventi fino a fine maggio, con conferenze, spettacoli e incontri pubblici sul tema della Resistenza, del fascismo e del nazismo.
Una memoria selettiva e ormai ridotta a passerella ideologica, utile più alla propaganda politica che al reale benessere della cittadinanza. A cosa serve una “cultura della Resistenza” se non si riesce nemmeno a garantire una cultura della vivibilità urbana?
Qualcuno dovrebbe spiegare ai nostri amministratori che la vera resistenza, oggi, la fanno i cittadini, tutti i giorni, contro un sistema inefficiente, contro i rincari, contro il degrado urbano. Ma di questi problemi, nel calendario di “Ottanta Memoria”, non c’è traccia.
Antifascismo a targhe alterne e silenzi imbarazzanti
A proposito di “resistenza” e valori democratici, verrebbe da fare alcune domande pungenti.
Cosa ne pensano il sindaco Lissia e il voce Moggi di Romano Prodi, storico simbolo della sinistra, che pochi giorni fa ha aggredito verbalmente una giornalista Mediaset, semplicemente colpevole di avergli fatto una domanda sgradita? Nessun commento, nessuna condanna. Silenzio.
Eche opinione hanno sulla candidata Ilaria Salis, nota per le sue idee radicali, che pubblicamente afferma che occupare case sia legittimo, anche se la legge italiana lo vieta chiaramente? Non sono forse questi comportamenti pericolosamente vicini a quella prepotenza politica che la sinistra ama attribuire sempre e solo agli altri?
Chi decide cosa è fascismo e cosa no? Quando a calpestare la legge o a zittire i giornalisti sono “gli amici”, tutto improvvisamente tace?
Il comunismo che piace alla sinistra ma che continua a uccidere
Mentre si moltiplicano gli eventi per ricordare le atrocità del fascismo (giustamente), nessuno degli organizzatori spende una parola sul comunismo, che ha provocato – e continua a provocare – milioni di morti. In passato come oggi.
È bene ricordarlo: in Cina, Cuba, Corea del Nord, Vietnam e Venezuela i regimi comunisti ancora oggi sopprimono la libertà di espressione, incarcerano gli oppositori politici, reprimono le minoranze e annientano i diritti umani più basilari. Eppure, questi nomi non compaiono mai nei “percorsi di memoria” promossi dalla sinistra.
Perché? La storia si insegna tutta o solo quella che fa comodo?
Questo continuo silenzio selettivo è pericoloso. Serve a riscrivere la storia, a dare un’aura di nobiltà a ideologie che hanno sulla coscienza fiumi di sangue. Ma mentre si demonizzano (giustamente) Mussolini e il fascismo, si glorificano figure come Lenin, Stalin o Che Guevara, i cui regimi non sono stati certo più misericordiosi. Solo che quei crimini non fanno rumore, perché sono “rossi”.
Strade e piazze rosse l’ipocrisia è diventata regola
C’è un altro aspetto che evidenzia l’ipocrisia storica e politica della sinistra: le intitolazioni.
In tutta Italia, e anche a Pavia, è pieno di strade, piazze, scuole dedicate a personaggi come Palmiro Togliatti, che sostenne l’invasione dell’Ungheria da parte dei carri armati sovietici. A Lenin, teorico e fautore del terrore rivoluzionario. A Che Guevara, simbolo della rivoluzione cubana ma anche esecutore di oppositori politici.
Tutto questo è accettabile. Nessuno protesta. Nessuno manifesta. Ma se qualcuno propone di intitolare un aeroporto a Silvio Berlusconi, imprenditore, leader politico per vent’anni, presidente del Consiglio eletto democraticamente, ecco che si scatena l’inferno. Firme, polemiche, articoli, indignazione. Come se si stesse dedicando un monumento a un criminale di guerra.
Due pesi e due misure, sempre a favore della narrazione di sinistra. Questo è il vero problema: non la memoria, ma l’uso selettivo e ideologico della memoria.
Lissia e Moggi vogliono un anno di “resistenza” ma i cittadini vorrebbero solo un anno di buon governo
Ci si chiede allora: ma davvero il Comune di Pavia non ha nulla di più urgente da fare? Davvero serve mettere in campo forze, fondi pubblici e attenzione mediatica per eventi che riscrivono la storia da una sola prospettiva, mentre i marciapiedi crollano, le periferie sono abbandonate, i giovani emigrano e i commercianti chiudono?
La risposta sembra chiara. L’amministrazione Lissia, come molta sinistra italiana, non governa più pensando hai problemi della gente, ma con gli occhi puntati sulla narrazione ideologica, nel tentativo disperato di tenere in vita simboli e liturgie politiche che non risolvono nulla.
E allora, se davvero si vuole parlare di memoria, ricordiamoci anche di chi ci governa pensando alle passerelle anziché alle persone.