Tensione a Palazzo Mezzabarba: le opposizioni si mostrano unite, mentre un intervento fuori misura del consigliere di centrosinistra crea disagio nel suo stesso schieramento
Giovedì 27 marzo, nella cornice istituzionale di Palazzo Mezzabarba, si è tenuta una seduta del Consiglio Comunale che, pur non essendo interamente dedicata, ha visto al centro del dibattito politico il caso di Roberto Buzzi, il giovane universitario di 22 anni aggredito fisicamente da ignoti al grido di “sporco fascista”. L’episodio, che ha suscitato vasta ECO anche al di fuori della città, ha inevitabilmente acceso gli animi e messo alla prova la tenuta delle istituzioni locali.
Fin dai primi interventi, è emersa una chiara e condivisa volontà da parte delle opposizioni di denunciare con fermezza quanto accaduto e di esprimere solidarietà senza riserve alla vittima dell’aggressione. I consiglieri Cantoni Decembrino, Marchetti e Matteo Chiu hanno sottolineato come, in situazioni simili, la politica debba superare le divisioni ideologiche per affermare un principio elementare. La violenza, da qualunque parte provenga, va condannata senza ambiguità. Le opposizioni, in compattezza, hanno lanciato un appello alla maggioranza affinché il Consiglio potesse parlare con una sola voce, nel nome della legalità e della civiltà democratica.
Purtroppo, a rompere questo equilibrio è stato l’intervento del consigliere Daniele De Chiara, esponente della maggioranza di centrosinistra. In un clima già teso, il suo discorso – letto da fogli preparati in precedenza – è parso a molti più un comizio ideologico che un contributo costruttivo al dibattito. Con toni perentori e un linguaggio divisivo, De Chiara ha rivolto parole durissime non solo alla destra, ma anche a chiunque non condivida la sua visione politica. Ha parlato di “pericolo fascista”, ha stigmatizzato l’intero centrodestra come fomentatore di odio e ha rifiutato, di fatto, ogni possibilità di dialogo. Durante la lettura del suo intervento, De Chiara ha costantemente evitato il contatto visivo con l’aula, fissando il pavimento mentre leggeva da un foglio di carta. Un comportamento che molti hanno interpretato come segno di insicurezza e di mancata consapevolezza del contenuto stesso delle sue parole, rafforzando la percezione di un intervento più recitato che sentito.
Il suo intervento ha suscitato un immediato disagio, non solo tra le file dell’opposizione, ma anche tra alcuni colleghi della stessa maggioranza, che hanno preferito mantenere il silenzio, evitando di commentare pubblicamente. Un silenzio che, in politica, spesso dice più di mille parole. Molti si sono chiesti se le parole di De Chiara rappresentassero realmente la linea del centrosinistra o se si trattasse di una presa di posizione personale, tanto estrema quanto inopportuna in un contesto istituzionale.
Di ben altro tono l’intervento del consigliere Antonio Bobbio Pallavicini, che con lucidità e passione ha riportato il dibattito su binari più civili, richiamando tutti alla responsabilità. Il suo discorso ha toccato nel vivo il sindaco, che fino a quel momento aveva evitato di intervenire direttamente sull’accaduto. Costretto dalle circostanze e dalla pressione dell’aula, il primo cittadino ha infine preso la parola per esprimere – seppur con un certo disagio – solidarietà a Roberto Buzzi, ribadendo l’impegno dell’amministrazione contro ogni forma di violenza politica.
Ma la serata ha offerto anche momenti di sconcertante assenza istituzionale. L’assessore alla sicurezza, Rodolfo Faldini, teoricamente figura chiave in un caso del genere, ha preferito non intervenire. Presente fisicamente in aula, si è limitato a osservare in silenzio, apparentemente più interessato a sistemarsi la barba che ad assumersi la responsabilità politica che il suo ruolo impone. Un atteggiamento che ha lasciato l’amaro in bocca a molti cittadini presenti, i quali avrebbero voluto ascoltare parole chiare da chi dovrebbe garantire la sicurezza pubblica.
L’intera vicenda solleva interrogativi più ampi sul ruolo del dibattito politico nelle istituzioni locali. Mentre da un lato l’opposizione ha dimostrato coesione e senso delle istituzioni, dall’altro alcuni esponenti della maggioranza hanno mostrato nervi scoperti e divisioni interne che potrebbero avere ripercussioni nel lungo periodo.
Il caso Buzzi non è soltanto un fatto di cronaca, ma è uno specchio in cui la politica pavese è chiamata a guardarsi con onestà. In gioco c’è la credibilità delle istituzioni e la capacità di condannare la violenza senza lasciarsi travolgere dall’ideologia. Perché la democrazia, se vuole essere davvero tale, si misura soprattutto nella capacità di ascoltare e dialogare, anche e soprattutto con chi la pensa diversamente.