Il blocco alla delibera per il Ponte riapre il caso dei “controlli selettivi”. Perché per alcune misure da decine di miliardi la magistratura contabile non intervenne con la stessa severità?
Roma —
La Corte dei Conti ha detto no al Ponte sullo Stretto di Messina.
La delibera del CIPESS, che stanziava i fondi per l’avvio dell’opera, non ha ottenuto il visto di legittimità. La motivazione ufficiale sarebbe la carenze di copertura finanziaria e criticità procedurali.
Un pronunciamento che ha l’effetto di uno stop improvviso a uno dei progetti simbolo del Governo Meloni e che riapre un interrogativo antico; la magistratura contabile applica davvero lo stesso metro di giudizio a tutti i governi?
Un ponte fermato per “mancanza di coperture”
Secondo la Corte, i documenti presentati dal Ministero delle Infrastrutture non garantivano la piena sostenibilità economica del progetto.
Tecnicamente, non è una bocciatura politica, ma una “sospensione del visto” in attesa di chiarimenti.
Eppure, sul piano pratico, l’effetto è quello di un blocco totale dell’iter.
Un atto che ha sollevato immediatamente la protesta di Matteo Salvini, che parla apertamente di “boicottaggio burocratico contro un’opera attesa da decenni”.
Ma dov’era la Corte quando esplodevano i conti del Superbonus?
Il paragone sorge spontaneo.
Perché il Ponte — con una spesa stimata di 13 miliardi — viene fermato per mancate coperture, mentre il Superbonus 110%, che ha generato un buco potenziale da oltre 150 miliardi di euro, non fu mai bloccato preventivamente?
O ancora, perché nessun rilievo vincolante arrivò ai tempi del bonus Renzi da 80 euro, misura priva di coperture strutturali e oggi oggetto di discussione perfino tra gli economisti del centrosinistra?
In quei casi, la Corte dei Conti si limitò a rilievi successivi, a “moniti” e “segnalazioni”.
Mai un vero stop, mai un veto preventivo.
Oggi, invece, di fronte a un governo di centrodestra e a un’opera simbolo della sua visione infrastrutturale, il controllo contabile diventa immediatamente paralizzante.
Due pesi, due misure – Il Cortocircuito dei poteri
Nessuno mette in dubbio il ruolo della Corte dei Conti come garante della legalità finanziaria, ma il sospetto di un uso discrezionale del controllo è difficile da evitare.
La magistratura contabile, in teoria, dovrebbe valutare soltanto la regolarità delle procedure e la presenza delle coperture.
Nella pratica, però, l’intensità e i tempi del controllo sembrano variare — e spesso coincidono con la sensibilità politica del provvedimento.
Non è la prima volta che accade.
Già in passato, opere strategiche o grandi piani infrastrutturali di governi di centrodestra — dall’Alta Velocità alla riforma della PA — hanno subito lunghe sospensioni per questioni formali, mentre misure assistenziali o fiscali di governi progressisti hanno viaggiato su binari più veloci e indulgenti.
Controllo o ostruzionismo?
La linea di confine è sottile.
È compito della Corte garantire il rispetto della legge, ma non quello di entrare nel merito politico delle scelte di governo.
Quando, però, un controllo tecnico si traduce in un blocco politico di fatto, la domanda è inevitabile, siamo ancora di fronte a un atto di tutela della legalità o a una forma di interferenza istituzionale?
Molti giuristi invitano alla cautela, ma lo squilibrio percepito mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
La sensazione di “due pesi e due misure” non nasce dal sospetto, bensì dall’evidenza dei numeri: centinaia di miliardi in detrazioni passati senza visto preventivo, contro un’opera pubblica sospesa per presunte carenze di copertura.
Il nodo da sciogliere – Responsabilità o paralisi
Il vero rischio non è solo politico, ma sistemico, infatti in un Paese dove ogni decisione strategica può essere fermata da un atto tecnico, la responsabilità politica si dissolve e il potere decisionale si sposta in mani non elettive.
L’Italia resta così intrappolata in un paradosso, pur invoca crescita e modernizzazione, è incapace di costruire un ponte — letteralmente e metaforicamente — tra burocrazia e politica, controllo e decisione.
Povera Italia…………..
Il caso del Ponte sullo Stretto non è soltanto una vicenda amministrativa, ma è lo specchio di un conflitto profondo tra poteri dello Stato.
E finché la Corte dei Conti continuerà a esercitare un controllo “a geometria variabile”, il governo — sarà costretto a navigare tra sospetti di ostruzionismo e accuse di lassismo.
L’unica via d’uscita è restituire chiarezza ai ruoli, alla politica la responsabilità di decidere, alla magistratura quella di vigilare, ma senza trasformare il controllo in veto.
