Gabriella Vergari , SCRITTRICE

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INTERVISTA ALL ‘ AUTRICE

 

Ci parli di com’è nata la sua passione per la scrittura.

È nata con me, insieme all’amore per la lettura.
È il mio modo privilegiato di esprimermi. Credo nello straordinario potere delle parole e ho nel tempo imparato a riconoscere quelle che mi si formano dentro come valido incipit per un’avventura tra me e la carta. So così da dove parto ma non sempre dove arriverò, ed è anche questo muoversi per sentieri imprevisti che rappresenta uno degli elementi più fascinosi del mio essere scrittrice.
Un testo che non avrei mai immaginato di realizzare è ad esempio il bestiario, Species. Bestiario del Terzo Millennio, Boemi (CT), 2012 che è stato uno dei lavori più intriganti e coinvolgenti della mia attività e da cui mi sento meglio rappresentata.
Lo stesso era già accaduto con Inganni Cortesi, Il Girasole edizioni, Valverde, 1990, il mio romanzo breve d’esordio che ha finito per sondare tutt’altre dinamiche rispetto al verso di Baudelaire da cui aveva preso ispirazione.
Da studiosa del mondo antico mi piace pure realizzare testi mirati a problematiche più scientifiche e tecniche o articoli per riviste culturali e magazine turistici. Dalla mia più che triennale collaborazione con Vivere, inserto periodico del quotidiano La Sicilia, ha preso ad esempio vita Capriccio Siciliano, Carthago, 2018, una dichiarazione d’amore per la mia terra.

Come sono nati questi racconti

Rispetto alle precedenti raccolte, Volteggi. Orizzonti di immagini e parole ̶ da poco tradotto in spagnolo e presto anche in inglese ̶ e Magie d’amore 2.0, nate entrambe dal progetto sperimentale di un dialogo tra la mia scrittura e le proposte grafiche del pittore piemontese Franco Blandino, con Mondi à la carte sono ritornata alla mera parola, senza interazioni visive.
Se può per questo sembrare che si tratti di una raccolta più tradizionale, ne va al contrario sottolineato l’impronta sperimentale, grazie anche all’alternanza dei racconti di misura più convenzionale con quelli molto più brevi, in solo cento parole. Inquadrare atmosfere, luoghi, personaggi e situazioni con tratti veloci, ma non per questo meno efficaci, si può davvero rivelare una modalità suggestiva e stimolante per una penna creativa, ma anche per un lettore che voglia confrontarsi con una differente tensione letteraria. La sfida consiste proprio nell’abilità che di volta in volta lo scrittore deve mettere in campo per rappresentare al meglio la propria volontà comunicativa, spogliando il testo di tutto il superfluo fino a proporne l’essenza più palpitante. Al lettore si attribuisce invece il compito di integrare ciò che gli viene proposto in filigrana.
Direi perciò che i racconti di Mondi à la carte intendano fin dal titolo offrirsi come una sorta di menù metaforico, nel desiderio di allestire una selezione di “vivande” narrative a scelta, senza percorsi o ordini prestabiliti.
Il cosiddetto “incidente scatenante” può infatti scaturire da un incontro casuale, un frammento di memoria, un sogno notturno o diurno, un piccolo oggetto all’apparenza innocuo o dimenticato, una voce, un’intuizione improvvisa, una repentina aspirazione personale. A volte da una domanda che non ha trovato risposta, altre volte da una risposta capace di generare altre domande.
Come spesso succede anche nella vita di ciascuno di noi, le rivelazioni più profonde si attuano ai confini del già noto, magari proprio lì dove si sia chiamati ad abbandonare quella che oggi si definisce comfort zone. Uno sguardo diverso, un’inattesa o impensata deviazione dal conosciuto, una crepa nell’ordine apparente delle cose, uno scorcio da una nuova angolazione possono senza dubbio aprire a una più autentica, ampia e matura comprensione dell’esistenza.
Il lettore si trova così messo nelle condizioni di assaporare ogni racconto a seconda della propria inclinazione, intendendolo non solo come “piatto unico” a sé stante, ma anche come parte di un “banchetto” più ampio, un viaggio narrativo che attraversa i territori del surreale, dell’ironico, del grottesco e del lirico con la stessa naturalezza con cui si cambia registro tra una portata e l’altra.
È per questo che le vicende narrate, anziché concentrarsi su un percorso monotematico, preferiscono proporre, come qualche critico ha detto, una sorta di resistenza creativa al reale, rappresentando i margini, gli interstizi, le pieghe dove la realtà si sfalda, e il quotidiano si può trasformare in rivelazione, esplorazione di sé e degli altri, conoscenza delle complesse e straordinari dinamiche dell’esistenza.
In altre parole Mondi à la Carte prova a dar forma ad aspirazioni, ferite, illusioni, non tanto per voler descrivere mimeticamente il mondo, quanto per provare ad aprire finestre su un altrove – interiore o collettivo – dove l’immaginazione regna libera e incontrastata cittadina, ma sempre fonte di rivelazione e riflessione, specchio dell’interiorità e dell’anima umane.

Che temi tratta nel libro

Com’è facile intuire dalla precedente risposta, i racconti di Mondi à la Carte non seguono la via di un realismo documentaristico. Si muovono al contrario lungo i bordi del verosimile, aprendo varchi in cui da un momento all’altro, e quando meno uno se lo aspetti, può trapelare il fantastico, l’ideale, l’onirico, il perturbante.
Da Autrice non posso non credere nella scrittura come forma di esplorazione del possibile, perfino dell’inspiegabile, e l’irruzione del fantastico non è mai evasione, ma spostamento di senso, uno slittamento della percezione che interroga la realtà con occhi nuovi.
Non a caso ho scelto la citazione di J. Barth che si legge in epigrafe: «Che diavolo! La realtà è un luogo piacevole da visitare, ma nessuno ha voglia di viverci a lungo, e certamente la letteratura non ci si è mai eccessivamente fermata.»
Ecco allora che la moneta d’oro mostrata un giorno a due bambine da uno sconosciuto misterioso, il salotto invaso da una sortita di oggetti, l’apparizione di una Femme Fatale in un caffè triestino, un biglietto per un viaggio sospirato, una pompa di benzina in mezzo al nulla, una filanda dismessa da ristrutturare si trasformano tutti in epifanie e pretesti narrativi che rompono la superficie, costringendo a ripensare le certezze.
Nei miei racconti, il fantastico è però anche spesso un segnale dell’inconscio, un messaggero dell’irrisolto. Il sogno diventa uno spazio di verità ambigua. E il perturbante – nel senso freudiano del familiare reso estraneo – è il territorio privilegiato in cui realtà e immaginazione si confrontano senza vincitori.

Come sono nate queste storie

Chi mi conosce e ha letto i miei libri, come il recente poliziesco La Professoressa Aglietti non era Robert Capa, Nonsolopoesie Edizioni, To, 2023, sa che amo scrivere per scavare, decifrare, restituire alla scrittura la sua libertà originaria: quella di nominare ciò che sfugge, di creare significati là dove non sembrano esserci, di trasformare l’ordinario in straordinario. In una parola dare nuova vita alla carta, certo. Ma sempre con una lama nascosta sotto il tovagliolo.
Mi piacciono però tantissimo anche l’ironia e il gioco, soprattutto quello letterario e metaletterario. Non è dunque insolito per me ricorrere anche ad allusioni autoriali e colte, riutilizzandole, cambiandole di segno e adattandole a contesti o invenzioni imprevedibili.
Ed è ad esempio da qui che hanno preso vita le cosiddette interviste impossibili alla Lesbia catulliana o alla Teodora, imperatrice bizantina.
C’è in genere nelle mie pagine ̶ e quelle di Mondi à la Carte non fanno come ovvio eccezione ̶ , la necessità di smascherare la retorica, disinnescare le illusioni imposte, riconoscere il tragico senza soccombervi.
E la parola – a volte fionda, a volta carezza – diventa in questo uno straordinario strumento di scandaglio ma pure di sopravvivenza, se non addirittura di resilienza e riscatto. Un po’ come avviene alla protagonista del mio racconto “Proiettili” che riflette: «La parola è energia allo stato puro. Alata, la definivano gli Antichi. Beh, per quanto ne sapeva lei, poteva pure avere la pesantezza di una lapide, stando almeno a quel no che continuava a rimbombarle dentro, inseguendola dovunque.»
E i miei personaggi – spesso donne, ma non solo – sono in genere creature che, anche quando diventano consapevoli della fragilità del vivere, non si rassegnano, cercando soluzioni alternative. A volte ironizzano sulla propria condizione, altre volte provano a trovare un affrancamento simbolico, sempre però con una voce nitida, che sa essere tenera, spietata, lucida o commossa.

Come si decide quale filone e quali racconti pubblicare in una raccolta di racconti

In base alla mia esperienza di scrittrice, soprattutto di racconti, mi sento di affermare che ogni nuova raccolta sia in realtà un laboratorio dove la volontà artistica si fonde con l’esigenza comunicativa e, perché no?, il vissuto esperienziale.
Non so dunque se si scelga in partenza uno specifico filone o se non sia invece il contingente bisogno comunicativo dell’autore a far prender corpo in itinere alla sua proposta, intanto che man mano questa risponda alle sue istanze creative.
In Mondi à la Carte una delle maggiori pressioni interiori è stata ad esempio rappresentata dalla volontà, non tanto di descrivere come si è detto la realtà nelle sue più consuete e consolidate dinamiche, bensì di smontarla. I racconti infatti non spiegano né consolano, ma provano a rappresentare l’oggi al netto di cliché culturali e letterari, illusioni sentimentali, falsi miti, successi illusori, maschere sociali.
Lo fanno cercando tuttavia di realizzare anche un ponte tra il reale e il fantastico e di offrire, spesso con ironia ma pure con affetto, stratagemmi di sopravvivenza.
Le fonti di ispirazione sono state molteplici e diverse, spesso anche filtrate da vari referenti culturali (da Topolino a Dukas, da Zeno Cosini a Peter Pan), rielaborazioni mitiche e archetipiche (la Femme Fatale, l’incontro con l’Elfo, il Maestro-demiurgo), dispositivi di esplorazione del sé, del linguaggio, della realtà sociale, dell’immaginario collettivo, di elementi autobiografici.
Lo scarto dalla normalità può e deve così diventare motore dell’atto creativo ma anche e soprattutto sonda del presente.
Il tutto però come ovvio rielaborato con libertà inventiva, nel nome di una narrazione che mantenga il suo fondamentale ruolo di costruzione e illusione, ma pure di insostituibile chiave di decifrazione e accesso all’esistenza, di rivelatrice e svelatrice dell’ombra e delle prospettive sfuggite all’occhio comune.
Mi auguro insomma che il lettore curioso, in cerca di storie inconsuete, possa restare affascinato da questo viaggio fuori dai confini ordinari, nel desiderio di leggere qualcosa che lo sorprenda, senza aspettarsi finali prevedibili né personaggi convenzionali.
Ritengo che Mondi à la Carte verrà particolarmente apprezzato da chi sia insomma “goloso” di storie che, in sfida alle convenzioni più consolidate, si volgano ad aprire porte su mondi alternativi, spingendosi a esplorare i codici della narrazione fino qualche volta a sovvertirli.
Ogni pagina può quindi essere intesa come un invito a varcare la soglia per abbracciare l’ignoto con curiosità e meraviglia.
Spero sinceramente che la raccolta possa venire soprattutto apprezzata da quanti vivano l’amore per la lettura anche come viatico a viaggi letterari fuori dagli schemi, guidati dalla curiosità e dalla passione per le storie che facciano riflettere sulla complessità del reale e parlare al presente con linguaggi e forme poliedriche.

 Progetti futuri

Vari sogni nel cassetto, tra cui una nuova raccolta di racconti, per la quale ho già in mente il titolo: Equilibri fuori Asse. Vedremo

Dove troviamo il libro

Lo si può regolarmente ordinare in tutte le librerie, oppure trovare nei principali store on-line.

 

Di Manuela Montemezzani

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