L’alba di un silenzio che ha fermato il mondo
Era l’alba quando Roma si è svegliata con il cuore più pesante, le campane di San Pietro hanno suonato con un tono diverso, come un respiro spezzato tra i vicoli di Borgo Pio. Papa Francesco, il Vescovo di Roma, l’uomo venuto “quasi dalla fine del mondo”, aveva terminato il suo viaggio terreno.
Non era solo la morte di un pontefice, ma la scomparsa di un volto che era diventato famigliare. Come quel vicino che incontri ogni giorno al bar sotto casa, che ti sorride con sincerità, che ti ascolta anche quando non ha risposte.
Migliaia di persone si sono riversate in Piazza San Pietro, in silenzio, nessun urlo, solo sguardi pieni di lacrime e mani giunte, era come se l’intera città stesse sussurrando un addio.
L’uomo dietro il bianco Fratello di Tutti
Nato a Buenos Aires nel 1936, figlio di migranti piemontesi, Jorge Mario Bergoglio aveva l’anima meticcia di chi appartiene a più mondi, parlava con l’accento argentino ma con la saggezza antica dei nonni italiani. Era un gesuita, uomo di pensiero e azione, ma soprattutto un prete che non amava i palcoscenici.
Non amava le cerimonie solenni, ma amava i dialoghi con i bambini più dei discorsi ufficiali. Un giorno disse: “Se non riesci a spiegare il Vangelo a un bambino, forse non l’hai capito neanche tu.”
Uno dei suoi ex studenti racconta della ” Volta che lo vedemmo pulire i bagni del seminario, pensammo fosse una penitenza, invece lo faceva ogni settimana. Diceva che un pastore deve sporcarsi le mani.”
Un papato di carezze e pugni sul tavolo
Papa Francesco non ha mai avuto paura di scuotere l’istituzione, ha aperto le porte del Vaticano, letteralmente. Parlava di povertà con parole taglienti, ma abbracciava i poveri con tenerezza. Una volta disse, “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura.”
Amava sorprendere, telefonate a chi gli scriveva lettere, visite non annunciate nei campi profughi, e quell’abitudine a pagarsi il conto da solo, anche da Papa.
Un bambino una volta gli si sedette sulle ginocchia durante un’udienza e non volle più scendere, il Papa sorrise e disse- “Lui ha capito come si sta in Cielo.”
Aneddoti da una vita semplice
Il panettiere di Trastevere racconta che Francesco gli fece visita un giorno qualunque, senza preavviso, per ringraziarlo del pane che ogni tanto mandava in dono, una guardia svizzera ricorda come ogni sera, dopo cena, il Papa gli chiedeva: “Hai mangiato bene oggi?” Un senzatetto che dormiva sotto il colonnato, dice che il Papa gli portò un sacco a pelo nuovo con le sue mani. “Non mandò nessuno, venne lui.” Un cardinale, in un incontro a porte chiuse, disse- “Parlava poco, ma quando parlava sembrava che ti leggesse l’anima. Non giudicava, indicava una strada.”
Le sue ultime ore prima di volare in cielo
Francesco non voleva clamore intorno alla sua morte. Aveva chiesto solo due cose: la croce di legno della sua prima parrocchia, e la Bibbia consunta che aveva sfogliato tutta la vita. Con quella accanto, ha lasciato il mondo pronunciando- “Signore, ho amato la tua gente.”
Chi c’era racconta che sembrava guardasse qualcosa oltre la stanza. Come se vedesse già quel “oltre” di cui aveva tanto parlato. Nessun miracolo, solo pace.
Il vuoto che resta, la luce che rimane
Il mondo piange, ma non con disperazione, perché Papa Francesco ha lasciato semi ovunque, nei bambini, nei carcerati, nei giovani che lottano per il clima, nei non credenti che si sono sentiti accolti. Ha insegnato che la Chiesa può essere Casa, non tribunale.
E ora che il Pastore ha posato il Bastone, restano le sue Orme, Orme di Uomo, prima che di Pontefice, di Fratello, prima che di Padre.
Una bambina, con in mano un disegno colorato lasciato in piazza, ha detto, “Lui era il Nonno del Mondo, E ora sta con Gesù.”
