Sabrina Volpe

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BIOGRAFIA:

Sabrina Volpe

Sabrina Volpe nasce in una tiepida mattina di primavera del 1971 a Savona.

Cresce a Spotorno, in una piccola e semplice realtà e un paese che non avrà molto da offrirle se

non vedute mozzafiato e panorami che non finiranno mai di ispirarla.

Consegue studi artistici e il disegno, inizialmente, l’avvicina alla natura e le fa apprezzare le

meraviglie del suo universo ma risveglia anche emozioni sopite che la inducono a scavare dentro le

sue oscurità e così la scrittura diventa la sua unica espressione, una vera e propria catarsi.

Dopo aver intrapreso differenti percorsi lavorativi, scopre che la mansione di commessa è il ruolo

che sente più idoneo alla sua indole creativa.

Attualmente lavora in un negozio di abbigliamento nel paese in cui vive ma appena può viaggia,

fotografa e raccoglie le sue emozioni, i suoi pensieri e i suoi ricordi migliori condividendoli sui

Social: il confronto è per lei una fonte continua di crescita morale ed intellettuale.

Si rilassa con lunghe camminate e si dedica a letture impegnative sull’introspezione, sulle correnti

filosofiche dello spiritualismo e narrativa di genere.

Adora cucinare per gli altri e circondarsi di persone creative che sappiano stimolare la sua

continua curiosità.

La Tana è il suo primo romanzo, nato in una lunga notte insonne per l’impellente necessità e

desiderio di esorcizzare le ombre del passato; cresciuto attraverso un lunghissimo e difficoltoso

percorso interiore che l’ha accompagnata nello sviluppo e nell’evoluzione della sua esperienza

di vita.

SINOSSI

La Tana.

Una giovane donna vittima di un aggressione è sopraffatta dall’oppressione e dallo sgomento di

quel gesto che scuote violentemente il suo cuore e lascia un segno indelebile sul suo corpo

inesperto e scevro di bramosia.

I fantasmi di quel sopruso cominciano a perseguitare i suoi sogni e a rincorrere i suoi pensieri,

obbligandola a rivivere quell’attimo infinito e costringendola a diventare spettatrice dei suoi stessi

incubi.

Per sfuggire al tormento della mente intraprende un cammino interiore e attraverso la scrittura

ripercorre tutte le fasi della sua vita.

Ritrova la gioia, la serenità e la spensieratezza della sua infanzia, si imbatte nella solitudine

dell’anima che imprigiona il suo cuore tra fredde mura; rivive le incertezze, i dubbi e le paure, le

angosce, i conflitti e le insoddisfazioni tipiche della pubertà.

Riscopre le emozioni dell’amore, la fragilità dei sentimenti, le passioni voluttuose del suo corpo.

L’approccio con la natura la induce ad uno stato di appagamento sensoriale che attraversa la

consapevolezza dell’essere e la esorta alla catarsi.

Un’esperienza di piacere e delusioni, di rabbia e frustrazioni, di perdite e di conquiste che

attraversa varchi di luce e supera buio ed ombre.

Un lungo percorso spirituale che la spinge oltre i confini della propria coscienza alla ricerca e

alla scoperta del suo rifugio nella corsa, contro il tempo, per la vita.

Domande:

Un argomento duro che colpisce l’aspetto della vita di molte donne, com’è nato questo libro?

Il romanzo è nato da un’urgenza interiore, da un bisogno viscerale di trasformare il dolore in voce, l’esperienza in racconto. È cresciuto a strati, come fanno le ferite quando cicatrizzano: lentamente, ma con determinazione. Non volevo che fosse soltanto un romanzo di denuncia, ma piuttosto un passaggio, una connessione, una trasformazione. Ho desiderato che diventasse un ponte tra il silenzio e la parola, tra il buio e una nuova possibilità di luce.

Che messaggio vuole portare al lettore?

La mia tana vuole risvegliare la consapevolezza e la speranza spesso latenti in ognuno di noi. Non possiamo perdere un’occasione così unica quale è la vita, anche se è fatta di dolore, perdite e sbagli; costellata da disagi e infinite prove che mettono continuamente a repentaglio la nostra anima e il nostro coraggio.

Come portare alla luce alcune dinamiche e arrivare alle donne stesse?

Scrivere La mia tana non è stato per me un luogo di fuga, ma un rifugio: uno spazio protetto in cui osservare, guarire e, infine, tornare a vivere. È stato necessario alla mia trasformazione. L’ho scritto per me, certo, ma anche per chi ancora non ha trovato il coraggio di affrontare e raccontare la propria storia.

Un libro però per tutti, con un velo di speranza. Ci parli di questa protagonista.

La mia tana è per chi sente il bisogno di attraversare le proprie oscurità, di riconoscerle e, con il tempo, risollevarsi dal peso di un dolore che chiede di essere ascoltato.

La protagonista è una giovane donna vittima di un’aggressione che intraprende un cammino interiore per sfuggire al tormento della mente. Attraverso la scrittura ripercorre le tappe della sua vita: dalla spensieratezza dell’infanzia ai conflitti della pubertà, fino alla riscoperta dell’amore, della sensualità e delle emozioni più profonde. La connessione con la natura la conduce a una nuova consapevolezza di sé, in un percorso di catarsi e rinascita.

Rinascita e ripresa dopo un trauma così duro, lo scontro con la realtà, secondo lei, come mai la società così attuale e progressiva non ha debellato la violenza sulle donne?

Credo che, nonostante i grandi passi avanti della nostra società, la violenza sulle donne non sia ancora stata sradicata perché tocca un nodo profondo e antico: il controllo, il potere, la paura del cambiamento. La modernità ha cambiato il linguaggio, ma non ha scardinato le radici culturali e patriarcali da cui nasce la violenza. C’è ancora troppa vergogna, solitudine e difficoltà a parlare apertamente di dolore, corpo e trauma. Finché una donna dovrà giustificarsi per essere sopravvissuta, per aver detto no, per aver scelto se stessa, avremo ancora molta strada da fare. La mia rinascita, raccontata ne La mia tana, nasce proprio da questo bisogno: spezzare il silenzio, trasformare il dolore in voce. È un piccolo atto di resistenza, ma anche di speranza. Perché ognuna di noi merita di ricominciare e, soprattutto, di non dover più sopravvivere per poter vivere.

Ci parli di lei come autrice.

Non sono quel tipo di autrice che ama stare al centro dell’attenzione. Preferisco lasciare che siano le parole a parlare per me. Scrivo per necessità, non per ambizione. La scrittura è per me un atto di sopravvivenza, un modo per dare forma a ciò che nel quotidiano non trova voce. Sono un’autrice che osserva in silenzio, ascolta profondamente e scava dentro di sé per portare in superficie verità sottili, spesso scomode, ma autentiche. Nei miei testi cerco sempre una connessione intima con chi legge: non voglio insegnare, voglio condividere. Racconto il dolore, la rinascita, le contraddizioni dell’animo umano, e lo faccio con sincerità, senza filtri. Se la mia scrittura riesce a sfiorare anche solo un cuore, allora ha compiuto il suo compito.

Com’è nata la sua passione per la scrittura?

La scrittura non è nata come passione, ma come necessità. È arrivata in punta di piedi nei momenti più difficili della mia vita, quando non riuscivo più a dire le parole ad alta voce. Ho iniziato a scrivere per sopravvivere emotivamente, per dare un nome al dolore. È diventata il mio rifugio, la mia tana, il luogo sicuro dove poter essere me stessa senza giudizi.

Col tempo ho capito che scrivere non era solo un atto terapeutico, ma anche un modo per dare forma a qualcosa che potesse aiutare gli altri. La passione è nata così: dal bisogno di trasformare l’esperienza in condivisione, il silenzio in voce.

Oggi scrivere è il mio modo di restare in ascolto del mondo, ma anche di restare fedele a me stessa.

Progetti futuri?

Sto per concludere il mio prossimo progetto: un romanzo che ha come filo conduttore il viaggio interiore di una donna alle prese con il silenzio del proprio corpo, un silenzio che deve imparare a interpretare e rompere per ritrovare sé stessa e la propria voce interiore.

In parallelo, si intrecciano due storie secondarie: il tema del cambio di genere e una complessa vicenda di manipolazione emotiva, narcisismo patologico e controllo nei rapporti di coppia, che mettono alla prova tre amiche e le loro storie collegate.

Affronto dinamiche tossiche e sottili, dove il confine tra cura e controllo si fa sempre più sfocato, e dove il desiderio di essere visti può facilmente confondersi con la dipendenza emotiva. È una riflessione sul diritto di ciascuno di scegliere chi essere, ma anche una denuncia verso le relazioni che, invece di farci fiorire, ci consumano lentamente.

È un thriller psicologico e una storia di trasformazione dolorosa ma necessaria. Un invito a chi si sente smarrito dentro di sé a trovare la forza di ascoltarsi, liberarsi e rinascere.

Di Manuela Montemezzani

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