Il punto di Virginia

LA NEBBIA DEI RICORDI

Una nebbia che lentamente avvolge i nostri ricordi, le nostre memorie e ci immerge in un presente indefinito di sola sopravvivenza, caricando le persone a noi vicine di tanto sconcerto e dolore.

Di cosa dobbiamo aver paura con l’avanzare dell’età?. Nel web troviamo discussioni su qualunque scoperta scientifica, su qualunque strategia sia medica che estetica, che ci permetta di sentirci evergreen. Cerchiamo , con l’avanzare dell’età, di sconfiggere la paura di invecchiare e di usare qualunque strategia sia sul mercato per rincorrere l’eterna giovinezza sociale e fisica. L’aumento della longevità rappresenta indubbiamente nel mondo occidentale una grande conquista in quanto è frutto di un miglioramento delle condizioni di vita e dei progressi della medicina rispetto al passato.

Come riporta uno studio dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in Europa 1 persona su 5 ha più di 60 anni e secondo le stime dell’ISTAT già nel 2006 circa 11 milioni e mezzo di persone in Italia erano ultra sessantacinquenni e si prevede che nel 2050 la popolazione di anziani tenderà a raddoppiare passando fino al 22% della popolazione totale.

I problemi di salute sono una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento della popolazione. Ci sono campagne nazionali per applicare misure preventive efficaci, come l’adozione di un sano stile di vita, regolare attività fisica, sana alimentazione, evitare il fumo e l’alcool e soprattutto la prevenzione medica per la diagnosi precoce, come per i tumori, il diabete e la depressione. Eccoci, frutto di questo processo di invecchiamento, a parlare di malattie cardiovascolari, di diabete, di Alzheimer, tumori, malattie polmonari, e tanto altro. Siamo davanti, rispetto al passato, ad una preponderanza di malattie cronico degenerative e questo soprattutto nei paesi industrializzati dove l’aspettativa di vita reale è molto aumentata.

Fra le patologie, che si affacciano alla porta nell’avanzare dell’età, ne esistono alcune che non coinvolgono soltanto la persona soggetto, ma anche l’intero nucleo famigliare. Mi riferisco alle malattie neurodegenerative. Per esempio una delle più difficili da accettare, secondo me, è la demenza di Alzheimer. Una nebbia che lentamente avvolge i nostri ricordi, le nostre memorie e ci immerge in un presente indefinito di sola sopravvivenza, caricando le persone a noi vicine di tanto sconcerto e dolore.

L’inizio è subdolo. Le persone incominciano a dimenticare alcune cose, ci si perde in luoghi famigliari, si è disorientati sul tempo, sulle persone, si trascura la propria igiene e sicurezza personale. Il decorso è lento, i danni ai tessuti cerebrali diventano sempre più importanti e l’aspettativa di vita, dopo la diagnosi della malattia, non arriva oltre gli 8/10 anni. Cosa possiamo fare?. Come possiamo prevenire?.

Ci sono molti modi per prevenire e gestire precocemente l’insorgere di questa malattia. Noi di nostro possiamo già fare molto. Alcuni interventi possono migliorare la salute cognitiva e cerebrale della terza età e non solo. Quali sono ad esempio le strategie alla portata di tutti per migliorare le proprie performance cognitive?. Identifichiamole in macro aree: fare attività fisica per ossigenare il sangue e aiutare le cellule nervose come una camminata molto veloce o la cyclette; controllare il peso, la pressione, il valore del colesterolo e della glicemia, perché se questi valori funzionano, funziona bene anche il cervello; consumare quotidianamente frutta e verdura di stagione, cereali e pasta integrale, olio d’oliva, assumere meno grassi come la carne rossa e gli insaccati, limitare molto i dolci e seguire un’attenta integrazione consigliata da uno specialista; mantenere il cervello attivo e impegnato leggendo un libro o un giornale, fare cruciverba, visitare un museo così favoriremo le connessioni nervose; socializzare, conversare, far parte di attività sociali e ricreative; controllarsi con diagnosi preventive e analisi cliniche in accordo con il proprio medico di base e in base alla propria storia famigliare. Una semplice visita oculistica e l’esame di specifiche alterazioni della retina possono essere già campanelli d’allarme per una diagnosi precoce di Alzheimer.

Negli ultimi vent’anni la ricerca ha fatto passi da gigante. E’ un campo in grande sviluppo e nei laboratori delle Università e delle grandi case farmaceutiche in tutto il mondo si sta investendo finanziariamente per trovare farmaci che aiutino a prevenire, rallentare la malattia e ridurne i sintomi. Si parla anche di un vaccino che eviti il formarsi di placche…e così via. Proprio in questi giorni è stata battuta la notizia a livello mondiale che un grande colosso farmaceutico ha sviluppato in laboratorio un farmaco sperimentale già in Fase 3 che può rallentare il declino cognitivo del 35%. Riportano le notizie di stampa della casa farmaceutica che il farmaco in questione è il DONANENAB, un anticorpo monoclonale che colpisce le placche di betamiloide, proteine “appiccicose” che si accumulano nel cervello dei pazienti con l’Alzheimer, farmaco che verrà somministrato per via endovenosa.

L’Alzheimer’s Association International Conference (AAIC) è la più grande comunità al mondo sulla ricerca della demenza perché nessuna singola organizzazione può affrontare una sfida così grande come quella rappresentata dall’Alzheimer. In Italia esiste l’Associazione AIRALZH (Associazione Italiana Ricerca Alzheimer Onlus) e accanto a questa la Federazione Alzheimer Italia che riunisce e coordina 46 associazioni che si occupano della ricerca medico scientifica sulle cause e sulla cura ma anche sul supporto e sostegno delle persone affette da demenza e dei loro famigliari.

Cosa possiamo ancora dire su questa malattia per concludere? Per sintetizzare la malattia di Alzheimer è una perdita progressiva della funzione mentale ed è irreversibile; solo in una minoranza dei casi può avere un’ origine genetica e allo stato attuale non esistono specifici test per determinare in anticipo se un paziente soffre di Alzheimer. Le cause che possono favorire l’Alzheimer sono certamente l’età avanzata, la famigliarità, il sesso, lo stile di vita e i traumi alla testa.

I risultati di uno studio Fingers condotto in Finlandia hanno dimostrato che l’azione contemporanea su più fattori come alimentazione ,attività fisica, training cognitivo e monitoraggio del rischi vascolare, può migliorare o mantenere la funzione cognitiva nelle persone anziane definite a rischio. Questa della prevenzione, sottolineo ancora una volta, è allo stato attuale l’unica arma che abbiamo personalmente per evitare lo sviluppo di questa malattia che cancella lentamente la memoria intera del nostro passato e del nostro presente.

Virginia Sanchesi

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