Sport

Assegnato a Luisa Pasini il Premio “Rosa nello sport”

L'atleta paralimpica, argento a Tokyo 2020, sarà premiata dal Panathlon Club Pavia nel mese di novembre

L’dizione del premio “La rosa nello sport” edizione 2020 è stata assegnata a Pavia, la premiazione del vincitore non si è potuta svolgere a causa della pandemia che ha colpito la nostra nazione in quel terribile anno così che il vincitore scelto della Commissione, riceverà il premio nell’anno in corso cioè il 2021. La cerimonia di premiazione che avverrà nel mese di novembre presso l’aula magna del collegio Nuovo di Pavia ha come vincitrice Luisa Pasini. Chi è Luisa Pasini?. E’ la vincitrice del premio a raccontarsi. < Sono nata a Pavia il 25 febbraio 1973, sono infermiera da 20 anni e ho dedicato la mia vita a salvaguardia della salute. Ho lavorato in area critica ambiente molto tecnico e dinamico e nel mio tempo libero ho sempre praticato sport in particolare bicicletta (corsa e mountain bike). Mi piaceva anche correre e arrampicare e nei fine settimana quando non ero in servizio, a volte mi dilettavo a gite d’escursionismo estive in montagna o sulla neve d’inverno. Lo sport è sempre stato un elemento essenziale nella mia vita perché mi apportava benessere e mi permetteva di staccare dalla routine quotidiana. A marzo del 2013 un terribile incidente in auto ha cambiato drasticamente la mia vita. All’improvviso mi sono svegliata in un letto d’ospedale, esattamente nello stesso ospedale e nel reparto di rianimazione dove avevo lavorato per tanti anni: sembrava una realtà surreale. Subito capii quanto le mie condizioni fossero gravi, il risultato di quell’incidente era stato una lesione midollare completa cervicale C6/C7 con conseguente tetraplegia. Da quel momento la mia vita era ritornata al punto zero ed era necessario inventarsene un’altra. Il primo difficile compito è stato quello di accettare la nuova condizione per poter cosi iniziare a ricostruire la propria vita partendo da basi nuove. Rimasi 20 giorni nel reparto di rianimazione accudita dai miei colleghi e dai miei medici finché venni trasferita all’Unita Spinale di Niguarda a Milano. Qui ha inizio un lungo periodo di riabilitazione, durato 8 mesi. Non sentivo e non muovevo nulla dalla linea mammaria in giù e le mani erano inerte. Alle terapie mediche convenzionali si affiancava anche lo sport terapia, inteso come forma terapeutica integrante, in quanto contribuisce al miglioramento della forma fisica, permettendo il rafforzamento della muscolatura residua, migliora la postura, con la finalità di ritrovare maggiore autonomia. A questo si aggiungono i benefici psicologici, sociali e relazionali. Grazie a questa opportunità è cambiato il mio modo di vedere e vivere la disabilità. Da persona attiva e sportiva, quale ero, ho ritrovato la possibilità di ritornare a sognare e vivere nel momento in cui è stato aperto il ventaglio delle varie possibilità di ritornare a fare sport. Ho subito capito, anche attraverso l’osservazione degli altri ragazzi, di quali potenzialità avessi ancora davanti per raggiungere maggiori e migliori livelli di autonomia. Con speciali ausili e adattamenti artigianali ho provato molti sport: tennis tavolo, tennis, tiro con l’arco, vela, fitness, nuoto, rugby, carabina, handbike. Avendo sempre praticato sport all’aria aperta, corsa, bicicletta, motociclismo, i miei occhi si sono subito illuminati quando ho visto l’handbike ed ho pensato che quello era lo sport che avrei voluto praticare per riprovare nuovamente l’emozione del vento in faccia. Subito dopo la mia dimissione sono venuta in contatto con il TEAM EQUA team di handbike da qui ha avuto inizio la mia avventura. La società si chiama Team Equa si trova a S. Cristina e Bissone a 20km da Pavia, Il presidente Ercole Spada mi ha messo subito a mio agio e accolto come una figlia, quel giorno era presente anche Fabrizio Cornegliani, anch’egli tetraplegico, medaglia d’argento alle recenti olimpiadi di TOKYO 2020 è stato il mio motivatore e mi ha insegnato i primi rudimenti meccanici. Grazie a loro ed al supporto anche di Lorenzo, figlio di Ercole , in brevissimo tempo mi hanno messo a disposizione la vecchia bici di Fabrizio con gli adattamenti necessari alle mie esigenze. Dopo aver individuato la giusta postura e le varie misure per arrivare a pedalare, è stato approntato un cambio elettronico che azionavo con i gomiti tramite un joystick e applicate anche le leve dei freni azionate anch’esse con i gomiti. inizialmente le mani, non avendo la presa, venivano fasciate e incerottate alle manovelle. Ho iniziato immediatamente a pedalare ed allenarmi, prevalentemente sui rulli e qualche uscita su strada, quando il tempo lo permetteva. Nel giro di brevissimo tempo eccomi partecipe alla mia primissima gara disputata a Pavia in occasione dell’apertura della prima tappa del Giro d’Italia di Handbike, che tra l’altro vedeva madrina la famosa, mitica e grintosa Giusy Versace. Emozione unica: ero circondata dal calore e dal sostegno degli abitanti e amici della mia città e non poteva finire meglio con l’incoronamento al primo posto come vincitrice di categoria.  Ma l’emozione più grande è stata la consapevolezza di essere arrivata alla fine della gara avendo dato il massimo e non essermi fermata di fronte alle difficoltà.

Questa vittoria è stata la mia conquista verso il superamento dei miei limiti. Da qui ha inizio la mia avventura come atleta donna nella categoria WH1 nel Team equa, raggiungendo ogni volta risultati per me inaspettati (giro d’Italia maglia rosa, campionati Italiani con la vittoria della maglia tricolore fino alla convocazione in Nazionale e alla partecipazione alla gara di coppa del mondo di Ostenda in Belgio). Entrare a far parte di questo team e dedicarmi a questa attività mi ha permesso non solo di conoscere persone nuove, ma di ricreare anche nuovi rapporti di amicizia, di conoscere persone splendide che mi hanno aiutata a superare momenti di difficoltà grazie anche al confronto con persone che vivono le stesse problematiche. Ho ripreso in mano la mia vita. Ho ripreso a guidare e a lavorare al Policlinico San Matteo. Questo sport mi ha spronato alla competitività e a superare momenti di difficoltà come dover affrontare la Pandemia continuando a lavorare in Policlinico rimanendo più ore del mio normale orario, quando la mia assistente se ne è andata senza preavviso e non avevo più tempo per allenarmi perché dovevo restare al lavoro per aiutare i colleghi durante l’emergenza Covid. Sono stata la prima donna in Europa per la categoria H1 di handbike, ho dimostrato che anche con una grave disabilità si poteva praticare uno sport di endurance affrontando anche salite dell’8%, ora siamo in 4 concorrenti in Italia.

fonte: Area 2 panathlon pavia- giacomo saglio

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