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PAVLOV E VYGOSTKY, PSICOLOGI RUSSI DI STATURA MONDIALE

Il contributo che la psicologia russa ha fornito al mondo tramite l'esempio di due scienziati osteggiati dal regime sovietico

Data l’attuale situazione di crisi internazionale, ho deciso di dedicare la rubrica Liberamente al contributo che due studiosi russi hanno fornito alla psicologia mondiale.

Sono sicuro che molti lettori conoscono Ivan Petrovič Pavlov, premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1904. La sua fondamentale scoperta è stata il riflesso condizionato (definito anche riflesso pavloviano), che consiste nella risposta fornita da un soggetto alla presentazione di uno stimolo condizionante. Fenomeno rilevato da Pavlov per la prima volta nel 1903, nel suo laboratorio di fisiologia:

I ricercatori presentano ai cani del laboratorio del cibo, (come risaputo) i quadrupedi emettono saliva. Al cibo viene associato uno stimolo ‘artificiale’ (un suono o una luce). La ripetuta e continua proposta associativa di cibo e stimolo artificiale produce la salivazione anche alla sola presenza dello stimolo ‘artificiale’.

La fama di Pavlov fu notevole, risultò uno dei pochi scienziati pre rivoluzionari che il regime sovietico sostenne. La ricerca scientifica è sempre stata il principale interesse nella vita di Pavlov, egli però espresse più volte e apertamente il suo dissenso al regime dichiarandosi antimarxista. Nel 1929 (epoca staliniana), durante un convegno di fisiologia affermò: “Noi viviamo sotto il dominio di un severo principio, lo stato, l’autorità è tutto. La persona dell’utente è niente”. In una lettera a Bucharin scrisse “Mio Dio! Come è difficile ora persino per una persona un po’ decente vivere in questo Paradiso Socialista”. Rifiutò l’ammissione all’Accademia delle Scienze a tre noti marxisti quali il filosofo Deborin, lo storico Lukini e il critico letterario Friče, in quanto notoriamente conosciuti più come lacchè di Stalin che non come seri studiosi

Nel 1950 una sessione dell’Accademia della Scienza Medica dell’U.R.S.S fu a lui dedicata, denominata Pavlovskaya, furono riuniti coloro che tentarono di limitare la scienza attraverso le rigide strutture del sistema comunista. Se fosse sopravvissuto (deceduto nel 1939) il celebre fisiologo non avrebbe gradito.

L’altro psicologo russo di cui oggi voglio accennare le teorie è Lev Semënovič Vygotskij, nato a Orsa nel 1896 (Bielorussia), ha avuto una vita e un vicenda scientifica singolarissima.

Data la sua giovane scomparsa a 36 anni per tubercolosi, nel 1934, per la sua genialità è stato definito il Mozart della psicologia.

Fondatore della scuola storico culturale, il testo La coscienza come problema della psicologia del comportamento pubblicato nel 1925, ne è il manifesto. La tesi fondamentale di questo orientamento è che l’ambiente culturale consente lo sviluppo cognitivo, il quale si esprime attraverso età stabili, periodi della vita in cui i cambiamenti sono minimi, ma che con l’accumularsi di esperienza portano ad età critiche, le quali consentono il passaggio allo stadio successivo. Importante concetto è quello della zona di sviluppo prossimale, teoria per cui l’apprendimento del bambino si attua tramite l’aiuto degli altri e non in maniera innata. La zona di sviluppo prossimale è definita come la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale. Vygotskij ritiene che l’educatore debba proporre al bambino problemi di complessità un po’ superiore alle sue attuali competenze, ma abbastanza semplici da risultare comprensibili.

Importantissimo il contributo vygotskiano sull’interrelazione lingua-pensiero. Il concetto, indagato in Pensiero e linguaggio, consiste nella relazione profonda tra discorso (sia interno sia orale) e sviluppo dei concetti. Il discorso con se stesso, da attività infantile, diviene gradualmente strumento di regolazione del comportamento. Il bambino comincia parlando ad alta voce da solo, e poi interiorizza il discorso per poter comunicare anche con gli altri. Per Vygotskij i pensieri sono mediati dalla semiotica del discorso interno. Il pensiero può esistere anche senza lingua, ma con la mediazione della lingua si sviluppa a un livello di sofisticazione più elevato. La psiche non è altro che il riflesso delle condizioni materiali, le quali possono essere modificate e trasformate in prospettiva di un fine concreto.

Come i lettori avranno potuto ben capire il contributo fornito da Vygotskij alla psicologica è stato notevole; nel 1936 il regime stalinista, tramite decreto del Comitato Centrale del PCUS (partico comunista dell’unione sovietica) condannò la psicologia perché si richiamava a valori borghesi, tanto da definirla una “perversione pedagogica”. Tra gli scienziati messi al bando ci fu anche Vygotskij, fino agli anni’50 per poter consultare una sua opera in U.R.S.S era necessario un permesso speciale fornito dalle autorità politiche.

Sarebbe davvero interessante dedicarsi alla circolazione parziale e clandestina delle opere di Vygotskij nel mondo. Opere che risultarono praticamente sconosciute fino agli anni sessanta. Dopo quell’epoca ci fu una parziale pubblicazione dei sue testi, per poi ottenere uno “strepitoso successo” negli anni ’90. La sua vicenda potrebbe ricordare quella di Pasternak (autore del Dottor Zivago) con Feltrinelli.

 

Nonostante molti ritengano che la forza della Russia consista nel suo poderoso apparato bellico, (vittorioso nei confronti di Napoleone e delle truppe tedesche nella seconda guerra mondiale; ricordiamo che le forze armate “russe” hanno sempre avuto ucraini tra i loro membri), a mio avviso, la grandezza della Russia consiste in quello che potrebbe essere chiamato psiche, (spirito, cultura, anima). “La Grande Anima Russa” supera di gran lunga le barriere del tempo, è già sopravvissuta ad almeno due regimi (zar e sovietico) che spesso non onorano una tradizione che ha fornito contributi di valore inestimabile all’umanità intera.

 

Chi desidera porre quesiti od esprimere osservazioni può scrivere al seguente indirizzo email: liberamenteeco@gmail.com

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