Due Chiacchiere con l' Arte

Annalisa Gimmi

Biografia 

Laureata in Lettere moderne e specializzata in Discipline linguistiche, Annalisa Gimmi ora è felicemente pensionata da alcuni mesi, ma ha insegnato Materie letterarie alle Scuole Medie, e poi Italiano e Latino presso il Liceo delle Scienze Umane (Istituto Cairoli di Pavia).

Oltre all’insegnamento si è sempre occupata di ricerca letteraria. In particolare si è dedicata allo studio della letteratura e dell’editoria del Novecento, anche collaborando con il Centro Manoscritti dell’Università di Pavia (numerosi saggi sono stati pubblicati su rivista) e con la Fondazioe Mondadori di Milano. Da quest’ultima attività è nato il volume Il mestiere di leggere , Il Saggiatore 2001, dedicato all’attività della Mondadori negli anni Cinquanta (e utilizzato in diversi corsi universitari di Editoria), e due volumi dedicati al poeta salernitano Alfonso Gatto, pubblicati da Effigie, 2012. Sempre di Alfonso Gatto, ha compilato la bibliografia completa e ragionata (in collaborazione con Marta Bonzanini), edita da Storia e Letteratura nel 2009.

È stata critica letteraria sulle pagine di “Il corriere del Ticino” di Lugano e di “il Giornale”.

Ha poi pubblicato il saggio Bestie come noi (Effigie, 2016) dedicato al rapporto uomo-animali.

Speaker radiofonica presso radio private e webradio, ha condotto trasmissioni di cultura e di sensibilizzazione alle problematiche animali. In particolare per due anni ha condotto la trasmissione Penne, zampe, squame, per Radio Ticino Pavia, con ospiti da tutta Italia.

Il suo primo romanzo è Chiamatemi Romeo (Edizioni Horti di Giano, Roma 2021). Un suo racconto è stato pubblicato nell’antologia Gatti dall’Altrove, Mursia 2022.

Da sempre studiosa e appassionata di libri gialli, ha finito per scriverne uno anche lei: si intitola La memoria dei sassi ed è ambientato a Pavia (Edizioni Horti di Giano 2023).

A novembre 2023 è in uscita un suo racconto nell’antologia Caro Mino…, (omaggio di autori pavesi allo scrittore Mino Milani), ed. Primula.

 

Sinossi 

Anna è un’insegnante da poco in pensione, che riempie le sue giornate con le attività culturali che la sua città offre. Seguendo un corso di storia locale all’Unitre, fa nuove amicizie e scopre la passione per il passato di Pavia.

Un giorno arriva la notizia sconvolgente dell’assassinio del marito di una delle sue nuove amiche, Agnese. La vittima appartiene a una famiglia storica pavese, che risale addirittura a un inquisitore del Seicento, il temutissimo Scipione Soleri.

La polizia segue inizialmente la pista del gioco d’azzardo, a cui la vittima era indirettamente collegata, ma Anna, dopo aver cercato di approfondire questa ipotesi, si convince sempre di più che il movente risieda nel passato della famiglia. Questo anche perché l’omicidio è stato compiuto con un’arma del Seicento, appartenuta a una collezione di proprietà della vittima. Nonostante il vicequestore dottor Baldi le chieda sempre più energicamente di non indagare in modo autonomo, Anna scopre delle verità che si nascondono dietro le apparenze, e che la conducono molto vicina alla reale soluzione del caso.

Alla storia delle indagini si affianca la ricostruzione dalle vicende familiari dei Soleri. A partire dal capostipite, l’Inquisitore, a dal suo traumatico incontro con una strega, fino agli esordi del Novecento e poi su su fino ai giorni nostri.

Le protagoniste sono soprattutto donne. Streghe, quando si rifiutano di vivere come la società vorrebbe imporre. Ma donne sempre in grado di fare scelte importanti nella loro vita, anche quando sono oppresse dalla parte maschile del mondo. O dai “doveri” che il destino ha loro imposto.

E poi il romanzo è una dichiarazione d’amore per una città che nasconde tanta storia e tanti segreti. La protagonista percorre a ritroso il passato della Pavia di quando era bambina, ma anche di quella dei secoli andati, convinta che tutta la vita che ha attraversato la città non può essere sparita nel nulla cancellata dal tempo, ma ha certamente lasciato un segno nei mattoni rossi della case antiche e nei sassi che lastricano le vie che corrono verso il fiume. Basta saper ascoltare, e le tracce del passato tornano a raccontare di sé.

Domande

Parlaci di come nasce questo libro?

Questo libro è un sogno antico, che risale a quando era ragazza. Già quando facevo il liceo e avevo cominciato ad appassionarmi alla lettura ho cominciato a scrivere e a pensare a un romanzo mio. L’attività è diventata più seria e continuativa i primi anni dopo la laurea, quando si sta cercndo la propria strada e si decide davvero cosa fare “da grande”. A quel periodo risalgono parecchi racconti, di cui alcuni sono stati pubblicati su rivista, e anche un romanzo già ambientato a Pavia, ma che è rimasto nel cassetto. Poi, da quando ho cominciato a lavorare come insegnante, mi sono concentrata invece sulla ricerca letteraria. Io credo che l’insegnamento sia un lavoro estremamente creativo, e probabilmente per questo non mi sentivo di scrivere nulla che non fosse di riflessione sulla scrittura altrui. Come se la mia capacità inventiva si fosse tutta gioiosamente riversata sul lavoro. Così ho iniziato una collaborazione con il fondo Manoscritti dell’Università di Pavia, poi con la Fondazione Mondadori, di Milano. Mi sono sempre occupata di Novecento e il mio lavoro maggiore è stato il volume Il mestiere di leggere, edito da Il Saggiatore, che, attraverso documenti interni della Casa editrice milanese, ne analizza i processi di scelta dei testi e di editing negli anni Cinquanta. Ho anche fatto giornalismo letterario, scrivendo sulla pagina culturale del Corriere del Ticino, di Lugano, e di Il Giornale. Avvicinandomi alla pensione, però, ho ritrovato quel desiderio di narrare e di condividere con gli altri storie, idee e emozioni.

E questo libro è frutto di questo momento “di passaggio” della mia vita. Lo spunto iniziale è stato il desiderio di misurarmi con una narrazione gialla, che è il mio genere preferito, e di cui sono un’accanita lettrice. Poi desideravo ambientare la storia a Pavia, città dove sono nata e a cui mi legano profonde radici. E infine… il personaggio della strega. Avevo appena terminato di leggere tutti i libri di Fred Vargas che trovo strepitosi, in particolare quelli che vedono come protagonista il commissario Adamsberg. Vargas è una studiosa di medioevo e sa creare storie che sempre si riagganciano ad antiche leggende francesi, pur arrivando a una soluzione rigorosamente razionale e mai sforando nei generi fantasy o, tantomeno, horror. Io amo le atmosfere medievali, che nel nostro immaginario sono sempre inquietanti e suggestive. E poi, come dicevo, sono molto affascinata dal personaggio della strega, che è l’emblema della donna in generale. Oppressa e uccisa dal maschio, ma temuta per i suoi poteri e per il suo andare contro ogni regola. È chi va contro le regole, chi cambia le regole a far avanzare la storia. Non per niente le femministe degli anni Settanta si autodefinivano “streghe”. Volevano cambiare il mondo e, in qualche modo, ci sono riuscite.

E c’è una strega in particolare che ha nella mia mente generato la figura di Alma, ed è Azucena, la zingara del Trovatore verdiano. Le donne delle opere liriche sono oppresse da un destino che nasce da lontano, che non sentono neppure loro, ma che sono costrette a compiere per raggiungere la libertà. Credo che nel mio romanzo si possa trovare una sfumatura di questa fatalià e della consegunete intima necessità di rivalsa.

Ambientato a Pavia , le ricerche storiche rappresentano la verità o hai romanzato un po su luoghi e personaggi ?

Per prima cosa, mi sono prima documentata su come fosse stata la sorte delle presunte streghe in città e, in particolare, se a Pavia avesse agito l’Inquisizione. E così ho scoperto che la nostra città aveva un suo temutissimo Tribunale dell’Inquisizione, che svolgeva i processi nella chiesa di San Tommaso, oggi parte delle strutture universitarie. Ho cercato e ritrovato vari luoghi in cui sono rimaste vestigia di quel periodo oscuro. E ho scoperto il personaggio del più spietato inquisitore che ha operato in città: si chiamava Pietro Solero da Quinzano ed è vissuto nel XVI secolo. Inoltre pare che sia stato lui a condannare a morte l’ultima strega pavese. Ma quest’ultimo dato non è sicuro, perché i documenti successivi sono stati distrutti dopo l’Unità d’Italia.

Per la mia storia, ho preso spunto da questo personaggio (il mio inquisitore si chiama Scipione Soleri), ma ho spostato la vicenda avanti di un secolo, così da poter lavorare quanto volevo con la fantasia. E poi, chissà, visto che non sono rimasti documenti relativi al Seicento, chi l’ha detto che una storia simile non sia davvero accaduta?

Comunque, vorrei chiarire che il mio non è un giallo storico. La vicenda si svolge ai giorni nostri e ha come protagonista un’insegnante da poco in pensione, Anna Corradi, che indaga in modo autonomo su dei crimini che avvengono ai giorni nostri in città, ma che affondano le radici in quel lontano evento storico. E le vicende del passato si alternano e si intersecano con quella attuale.

Perché un lettore dovrebbe leggere il tuo libro?

Penso (e spero) che siano varie le “categorie” di lettori che potrebbero leggere con piacere il mio libro. Gli appassionati del giallo, prima di tutto. Io ho scritto una storia con impianto “classico” (un po’ alla Agatha Christie), con depistaggi e indizi svelati man mano che anche la protagonista, la detective improvvisata Anna Corradi appunto, scopre nuovi elementi nel corso delle sue indagini. Il giallo richiede sempre una sfida tra autore e lettore. L’autore non può barare, ma deve comunque fare in modo di stupire il lettore sul finale. Altrimenti fallisce nella sua impresa. Io credo, ma saranno i lettori a confermarmelo o meno, di riuscire a stupire. Sia con la soluzione della vicenda gialla, ma anche con l’atteggiamento finale di una della protagoniste. Ecco: “delle protagoniste”: questa a mio avviso può essere un’altra particolarità interessante del romanzo. Si parla tanto di donne: dalla strega alle donne di oggi, passando attraverso personaggi minori, le donne di casa Soleri del secolo scorso. Si incontreranno persone oppresse dal dominio maschile, ma in grado di fare scelte controcorrente nella loro vita. Magari poi pagando duramente questo loro camminare fuori dalle strade già tracciate per loro, ma scegliendo di prendere in mano la propria esistenza. E poi credo che il libro possa piacere agli amanti di Pavia e agli appassionati di storia locale. Come dicevo, il verosimile si innesta sul vero (come direbbe il grande Manzoni). I luoghi sono reali. Si possono scoprire alcuni risvolti della vita di Pavia nel passato che si conoscono poco (il periodo del Seicento e dell’Inquisizione non sono molto conosciuti in città, più concentrata sulle glorie medievali). C’è però anche una ricerca di Pavia in un passato molto più recente. Quello dell’infanzia di Anna. Lei è convinta che tutta la vita trascorsa tra i muri rossi di mattoni e i sassi del fiume che lastricano le vie della parte vecchia della città, non sia sparita senza lasciare traccia. Gli amori, gli odi, le emozioni, le paure di chi ci ha preceduto restano come “impigliati” nei luoghi in cui hanno preso vita. E con attenzione, con una grande apertura del cuore e della mente, possiamo ancora percepire la presenza e i sentimenti di chi ha vissuto in queste vie prima di noi. O quello che abbiamo vissuto noi stessi, magari anche tanti o tantissimi anni fa. Il luogo evoca. Perché il luogo conserva.

Essendo tu un ex insegnate , come secondo te potremmo portare i giovani a leggere di più?

Questo è un problema aperto e tutt’altro che semplice. Forse la domanda potrebbe essere ribaltata chiedendosi come mai i ragazzi smettono di appassionarsi alle storie, quando in genere da bambini tutti amano sentirsi raccontare le fiabe e molti, davvero tanti, appena imparano a leggere vanno a cercare le storie nei libri. Cosa accada poi… se lo è chiesto, e ha dato una sua risposta, anni fa lo scrittore e insegnante francese Daniel Pennac nel suo Come un romanzo. Io come insegnate ho in parte seguito i suoi consigli. Per esempio a me piace tantissimo raccontare storie e l’ho sempre fatto in classe. Il mio cavallo di battaglia era Anna Karenina, perché è un romanzo molto famoso, ma che pochi hanno letto integralmente scoraggiati dalla sua lunghezza. Ma è anche un romanzo pieno di sentimenti forti. La passione che travolge Anna e Vronsky è sentita molto dagli adolescenti che stanno sperimentano i primi, furiosi innamoramenti della gioventù. O pagine come l’amore più timido e impacciato di Levin per Kitty è riconosciuto come molto vero. Quando Levin va a cercare la sua amata e gli sembra che l’aria brilli intorno a lei. E che lei sia la donna più bella al mondo e si chiede come tutti gli altri non siano incantati a guardarla. E poi, la gelosia, la disillusione quando, al suo ballo di compleanno, Kitty assiste al nascere dell’amore tra Vronsky e Anna. I ragazzi si emozionano sentendo queste storie, che sono anche le loro. E molti hanno poi letto il libro, senza che io glielo avessi chiesto. Infatti ho scelto di non obbligare mai alla lettura un romanzo o, peggio, a quelle “comprensioni del testo” che diventano delle dissezioni anatomiche dopo le quali resta solo un cadavere fatto a pezzi. Io proponevo una rosa di titoli, ne spiegavo l’argomento, le atmosfere e poi sceglievano loro quello che sentivano più vicino alla loro sensibilità. Non sono molti comunque i giovani che diventano veri lettori, ma questo dipende anche dalle abitudini della famiglia e degli amici. Solo una cosa è sicura: obbligare alla lettura vuol dire solo far cercare le trame su Internet… senza suscitare passione non si ottiene niente.

Dove possiamo trovare il libro?

Qui a Pavia lo si trova alla libreria il Delfino, di piazza Cavagneria. Ma qualsiasi libreria, e ovviamente in ogni città d’Italia, lo può procurare su prenotazione. Poi sui siti on line, Amazon prima di tutto che lo procura in due/tre giorni. Anzi, approfitto per chiedere a chi lo avesse acquistato on line, di lasciare una breve recensione per far conoscere le tematiche del romanzo.

Iniziative e presentazioni , date fissate.

Ho fatto molte presentazioni in città e nei paesi della provincia e ho sempre incontrato persone bellissime e interessate. Le presentazioni sono state spesso accompagnate da immagini scattate da Pierino Sacchi, il noto fotografo pavese, che guidano il lettore attraverso le vie citate nel romanzo. Dalla sede dei processi, in san Tommaso, alle prigioni, dove oggi si trova la Cupola Arnaboldi, la chiesa di San Rocco, che ospitava la Compagnia della buona morte, fino al luogo in cui veniva innalzato il patibolo, in piazza della Vittoria, proprio sotto al Broletto.

Date ora non ne posso indicare, perché ne ho fatte una serie la scorsa primavera e poi un’altra in autunno. Ora sto programmando un’ultima, breve serie dopo le feste natalizie. Chi fosse interessato, comunque, può seguirmi su Facebook o su Instagram, in cui segnalo ogni iniziativa relativa al libro.

Progetti futuri?

Anche questa è una domanda a cui mi è molto difficile rispondere. Da una parte avrei voglia di rimettermi subito a scrivere, perché la scrittura è un atto quasi magico di creazione assolutamente appagante e coinvolgente. Ho già un paio di storie in mente, una che dovrebbe vedere protagonista ancora Anna Corradi, l’altra ambientata invece agli inizi del Novecento. E poi mi farebbe piacere sistemare e rendere pubblicabile il mio romanzo giovanile, una storia inquietante e noir ma non gialla, a cui sono molto affezionata. Però devo capire se è quello che desidero davvero fare. Non amo per niente tutto l’apparato che sta intorno e che segue la scrittura e la pubblicazione di un libro. Mentre amo moltissimo parlare con la gente, quindi tenere incontri e conferenze. Senza poi contare gli altri miei interessi nella vita, fortunatamente molti e molto coinvolgenti. Il sogno di scrivere un giallo legato alla storia di Pavia si è realizzato. Adesso starò a vedere cosa desidero fare. Certamente l’attività che mi farà più felice.

Di Manuela Montemezzani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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