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Pasolini e il film-romanzo di Magherno

 

Il 1968 e il 1969 furono anni di grandi rivoluzioni e Pier Paolo Pasolini, già famoso autore di opere letterarie e cinematografiche, si trasferisce a Magherno, un comune in provincia di Pavia confinante con quella di Lodi.

Il film viene pesantemente criticato al Festival del Cinema di Venenzia, al quale partecipò senza il consenso del regista. Lo scandolo principale furono le scene di rapporti omosessuali, nonostante in quel biennio iniziò la protesta per la libertà di essere se stessi e comportarsi con meno canoni da rispettare. La pellicola ricevette comunque due premi, ma la procura di Roma decise di sequestrarlo, nonostante avesse ricevuto il permesso dalla censura.

Convocato in tribunale, il giudice lo assolse e il film tornò a disposizione del pubblico, il quale, invece, amava Pasolini come personaggio. In seguito si scoprì l’essenza della censura: la vera oscenità non era il corpo nudo in sé, ma quel concetto mistico che può avere l’Eros. Il corpo, nelle sue forme, rappresenta il simbolo  della borghesia, che lo avrebbe potuto utilizzare per soddisfare i suoi obiettivi. La sensualità avrebbe vinto sulla razionalità. Nelle sue opere, Pasolini denuncia questo fatto e il ceto medio non lo approva, deningradoloìo per la sua natura sessuale.

L’essere umano diventa folle e scappa da se stesso, quando viene privato da qualcuno e qualcosa cui si innamora. Oggi, abbiamo lo stesso istinto: cambiare luogo, pensando, e , a volte, riuscendoci, di cambiare quelle immagini, derivanti da esperienze negative, che si sono impossessate di noi e la fuga sembra una soluzione efficiente.

 

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