Un anno conflittuale sta volgendo alla sua conclusione, senza escalmare: “Per fortuna”, perché proprio questi, quasi, dieci mesi ci han insegnato come apprezzare, giorno per giorno, quello che abbiamo a nostra disposizione: la salute e la compagnia, prime, se fosse possibile insieme, nella lista.
Ci siamo accorti quanto sia più difficile la gestione del quotidiano, lontano dalle nostre abitudini: si innesca un senso di confinamento mentale, che dà la percezione di non essere più noi stessi, ma fragili e spossati nelle azioni che richiedono poco impegno fisico e di cui ci si è sempre occupati.
Quando si scatena questo “blocco” interiore, il primo impatto non è piacevole, poiché ci toglie quella sicurezza che noi rincorriamo quotidianamente e, di conseguenza, anche il nostro cervello oscilla. Non trascorrerà molto tempo e ci accorgeremo quanta pulizia nell’ anima esso stia compiendo: un evento previsto, che non si verifica, può sconvolgerci a un livello che non avremmo mai pensato di conoscere.
Il caos interiore non è un concetto negativo, ma sinonimo di creatività e, anche se può sembrare nostro nemico, la psicologia suggerisce una tecnica che consente di gestirlo nel migliore dei modi, osservandolo quasi da pubblico. La prima azione è inventarsi una confusione artificiale, ovvero scegliere un luogo della casa in cui andremo a riporre, nei giorni successivi, oggetti, che vorremmo spostare o inutili, in modo confuso, per poi osservarli da lontano e annotare le sensazioni che quella confusione ci genera. Ovviamente questa non è la regola che i nostri familiari ci hanno insegnato su come tenere in ordine la propria abitazione, ma questo è un esercizio per allenare anima e corpo.
È come se potessimo isolare il nostro caos interiore, meditandoci sopra e, poi, quasi senza accorgercene, saremo più liberi e più razionali nel prendere le prossime decisioni.
Non dobbiamo aver paura del nostro flusso di coscienza, ma conoscerci più a fondo e renderci felici è un nostro diritto, anche se, ora, è consentito in un modo più limitato.