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Giano Bifronte

Dopo il primo numero della rubrica Liberamente, il mio intento era quello di dedicarmi ad alcuni significativi protagonisti della psicologia.

In seguito ad un anno che potremmo definire disastroso, molti lettori mi hanno inviato email chiedendo se la psicologia possa prevedere o fornire un qualsiasi tipo di speranza per il futuro.

Le richieste ottenute fanno comprendere le enormi difficoltà presenti nell’attuale periodo ed anche quanto le chiusure (lockdown) aumentino i pensieri che portano allo sconforto. Ad ogni modo, la risposta alle email è semplice, potrebbe perfino deludere: no. La scienza non può svelare con precisione quel che accadrà.

L’esatta comprensione del futuro è sempre stato uno dei principali desideri dell’essere umano, grazie al meccanismo psicologico della proiezione, la fantasia umana ha condiviso e cercato di realizzare notevoli fantasie. Molte le utopie, i tanti e famosi “sol dell’avvenire”, sogni di società perfette, presunti imperi millenari, poi tramutati in veri e propri incubi.

L’epoca attuale ha cancellato, abolito e svuotato di quasi ogni significato i fondamentali rituali ed eventi collettivi.

Questa caratteristica probabilmente rende ancor più difficile vivere momenti di incertezza come quello attuale.

Tra pochi giorni terminerà l’anno 2020. Capita spesso che esistano nella storia epoche di mutamento, sicuramente il 2020 sarà ricordato come uno di questi. Per non essere paralizzati dal terrore, torneremo ad un tempo antico, in cui, per poter capire meglio il futuro ci si è spesso rivolti al passato.

Fin dalla notte dei tempi, la religione ha sempre avuto diverse finalità, le divinità hanno svolto un fondamentale ruolo psicologico. Esso consisteva nella incessante azione di convogliare, assorbire ed elaborare ansie e paure.

Qui di seguito scriveremo di Giano, divinità tipica della tradizione di Roma antica (non è presente un equivalente nel pantheon greco), era la figura preposta a guardia delle porte e delle soglie. Rappresentato con due (o altre volte quattro) volti, il suo nome completo risultava essere Giano Bifronte. Uno dei due volti aveva lo sguardo rivolto al passato, l’altro al futuro. A Giano Bifronte erano affidati il principio e la fine di ogni azione, era il custode di tutte le porte, sia di quelle fisiche sia di quelle simboliche. Per i romani l’inizio di ogni evento era raffigurabile come l’attraversamento di una porta, ovvio che bisognasse avere la benevolenza della divinità che proteggeva questi oggetti; tipiche le raffigurazioni di Giano Bifronte presenti sui portoni antichi.

Il primo mese dell’anno del calendario Giuliano è Gennaio (Ianuarius), mese dedicato a Giano Bifronte. Per gli antichi romani ogni inizio di anno, ed ogni inizio di mese era necessario effettuare un sacrificio a Giano. Gli inizi del mese non erano l’unica occasione in cui si rendeva omaggio alla divinità.

Si offrivano sacrifici a Giano prima di intraprendere campagne militari, le centurie dell’esercito iniziavano la loro spedizione dal foro romano, la base di partenza del corteo era il tempio dedicato alla divinità. Le porte presenti nel tempio avevano diverse funzioni, tra cui una fondamentalmente di tipo informativo. Esse restavano aperte per tutto la durata della guerra, chiuse durante i periodi di pace (una delle paci più durature e famose fu quella dell’imperatore Ottaviano Augusto).

Una leggenda narra che durante un assalto del popolo Sabino, Giano Bifronte avesse protetto la città di Roma facendo emergere un getto di acqua calda sul cammino dell’esercito nemico. Da allora si è ritenuto Giano Bifronte una delle divinità che difendevano l’Urbe (l’altra celebre divinità che ha difeso Roma, come è noto, risulta Giunone grazie alle sue sacre oche).

Dal punto di vista psicologico, nell’era moderna non esiste una figura che soddisfi le igieniche e salutari funzioni psicologiche prestate da Giano Bifronte. Verso la fine d’anno esse vengono in parte svolte da (il veglione di) San Silvestro (primo Papa e in qualche modo un timido sostituto “cristiano” di Giano Bifronte).

Come è noto, quest’anno è stato annullato anche quest’evento. Possiamo ben dire che chi ha imposto obblighi, ha eliminato (quasi) tutte le forme di espressione e compensazione psicologico/sociale, (come già scritto “del futur non c’è certezza”) non ha considerato un ben noto meccanismo psicologico. L’accumulo di incertezze, repentini cambiamenti inattesi ed incontrollabili, può portare ad esiti catastrofici, sia a livello psicologico individuale che sociale.

In molti mi hanno domandato quale lezione potremmo trarre dall’aver vissuto questa pandemia. Non desidero lasciare i lettori senza un minimo di speranza, la pandemia di covid ha causato molteplici traumi, sia a livello individuale, sia nel più allargato contesto socio culturale. Una volta vissuto un trauma, è fondamentale la modalità in cui esso potrà essere successivamente elaborato, valutato e assimilato.

Il ripristino e l’obliterazione dei rituali sociali sono uno dei (notevoli) lavori che ci aspettano; al momento nulla è ancora perduto.

Buon anno a tutti!

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