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Il cielo d’oro di Milani

Mino Milani racconta la sua città, Pavia, nei suoi libri, dagli anni Settanta.

Una recensione è fornita per Il mio cielo d’oro, pubblicato nel 2004, e acquistato a fine anno, dopo averlo individuato in un negozio, poiché attratta dalla fama dell’autore locale, dalla copertina e dal contenuto. Nella narrazione, una vera e propria fotografia, “scattata a penna”, Milani lancia immagini e riflessioni da cogliere nell’ immediato, ma che, subito dopo, ti trasportano con la mente nei luoghi narrati. Anche coloro che non hanno visitato certi angoli, teatri degli eventi, tra le righe, possono idealizzarli.

La tecnica stilistica utilizza la prima persona e un quasi dialogo diretto, con parole di uso comune, dialettismi e interazioni che fanno immedesimare il lettore nello spazio-tempo, oggetto della narrazione.

Zio della acclamata fotografa, Marcella Milani, egli fa dei pensieri un modello di insegnamento, che, forse, proprio tipico dei nonni e degli zii, riesce a comunicare in un modo intimo ed efficace al proprio pubblico.

Egli parla ai giovani che, oggi, sono adulti da pochi anni e, all’uscita del libro, erano adolescenti. Secondo Milani, la città era cambiata molto rispetto a come l’aveva conosciuta lui stesso, nell’adolescenza di un ragazzo degli anni Cinquanta e Sessanta. Inoltre, era cambiato il rapporto dei giovani con il fiume Ticino: non più limpido, a causa di lavori industriali, con alcune attività non più presenti, se non in alcuni eventi, e, soprattutto, un sentimento vago nei confronti della città, che, però, a distanza di altri diciassette anni, conosce un ritorno della gioventù, che ambisce ancora a Milano, ma inizia a stancarsi del caos, soprattutto nell’anno, appena concluso, che ci ha fatto conoscere in modo eccessivo il concetto di solitudine.

Oggi, l’autore è ancora in attività e ha sempre il brio e la brama di regalare emozioni alle persone e, senza dubbio, affermerebbe gli ulteriori cambiamenti degli adolescenti di oggi, che, con i selfie, riescono a conferire il meritato onore al LungoTicino. Un modo originale per ammirare, dall’alto, il fiume è dalla ruota panoramica, che svetta dall’altra parte del Ponte Coperto, nel piazzale Ghinaglia.

Queste vacanze natalizie servono per riunire le parti dell’anima e a sfogliare pagine come queste che riscaldano nonostante i gradi sottozero. L’autore ha conosciuto inverni ben peggiori: noi non siamo più abituati né allo zero termico né alle nevicate, tuttavia, abbiamo qualche strumento in più, oltre al riscaldamento, per difenderci: tuffarci in un libro che ci faccia sentire come davanti a un caminetto. Un ringraziamento alla pavesità che lui riesce a trasmettere in modo intenso.

 

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