Cultura e Musica

“Bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro che per dare l’esempio”

Jacques Prévert aveva intuito quanto benessere possa offrirci la felicità, che è lo stato d’animo cui tutti ambiamo, ma anche quello più complesso da esprimere.

Un esempio lo incontriamo leggendo il “Paradiso”, del celebre Dante Alighieri: non è un caso se il terzo Canto della Divina Commedia viene studiato, in genere, solamente al Liceo classico, nel quale, per ovvie cause, la formazione è letteraria e, quindi, non può passare in modo parziale le opere del Sommo Poeta. Il Canto è molto intricato da interpretare, poiché Dante stesso esprime un senso di venerazione che lo “intimidisce” nell’esprimere una narrazione di personaggi e vicende.

Un altro concetto che fa riflettere, tornando ai sentimenti primordiali, è il fatto che è nato prima l’odio e, poi, l’amore. Il secondo nasce per placare il primo, l’uomo aveva ancora un istinto animale, vero e proprio. Paul Watzlawick, psicologo attuale, è uno dei maggiori esponenti della comunicazione, che ha pubblicato il manuale “Istruzioni per rendersi infelici”: il titolo potrebbe far dubitare sulla sua utilità, ma anche riflettere su quante volte compiamo un’azione, consapevoli che ci possa danneggiare, eppure decidiamo lo stesso di svolgerla. Spesso, soprattutto in alcuni momenti bui, sembra quasi che ci piaccia sfidarci: l’Io e l’immagine che ciascuno ha di sé sono spesso in lotta. La paura è un’emozione fondamentale, poiché serve nelle situazioni di pericolo, ma, allo stesso momento, se esagerata può bloccare la felicità: infatti, esistono anche altre azioni che non compiamo per il modo in cui le vediamo eccessivamente pericolose.

Esiste una tipologia di malesseri che derivano da traumi del passato, mai superati: in questo caso, il consiglio è quello di rivolgersi a uno specialista della psiche. Una situazione che spaventi o che sembri ingestibile non deve essere sottovalutata, ma va comunicata quanto prima, poiché solo esternandola, a parole o anche in un diario personale, si dovrebbe già decodificarla in una visione più nitida, in cui l’ostacolo viene ridimensionato.

Oggi, uno dei metodi più utilizzati per la gestione della paura è la meditazione, poiché conoscere se stessi e sapersi leggere dentro aiuta a comprenderci e a comprendere quello che ci circonda, seppur sia molto complesso.

Le paure più comuni sono l’evoluzione di quelle che conserviamo fin da bambini: dall’abbandono della famiglia alla non accettazione nella società.

Numerosi, purtroppo, sono i fatti di cronaca, che riportano episodi violenti da parte di gruppi contro il singolo o la coppia, in un luogo pubblico, quindi nemmeno coscienti di esser visti, segnalati e “presi” dalle Forze dell’Ordine. Il “branco” è un insieme di persone molto schiavi della loro mancata autostima, che possiedono un’idea distorta di sé e che, in un certo senso, per loro sfortuna, incontrano altri con problematiche simili. Come cita l’antico detto:” L’ unione fa la forza” e queste possono esporre gli individui anche al crimine.

Una paura scomparsa o ridimensionata giova sia all’individuo stesso sia, ovviamente, a coloro che lo circondano.

Interessante è il concetto di “Educazione sentimentale” e sarebbe proprio ora il momento ideale di insegnarlo: a partire dai più giovani in particolare dopo questi due anni e di isolamento in cui molti sono diventati adolescenti senza aver avuto la possibilità di confrontarsi con i propri coetanei e gestendo ora situazioni nuove che possono creare e ancora torna il concetto di paura interiori.

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