Politica

Rappresentanza e territorio

Riflessione del politologo Franco Astengo

La riduzione del numero dei parlamentari , prevista per la prossima legislatura, porterà anche come conseguenza una ridefinizione nel rapporto tra rappresentanza politica e territorio incidendo così direttamente sulla formazione degli schieramenti che si presenteranno al giudizio di elettrici ed elettori.

In questo senso si impone una riflessione sul sistema di alleanze (restando incerta la formula elettorale con la quale si andrà a votare nel 2023 o forse nel 2022) e sul metodo da seguire per la ricerca delle candidature.

L’esito delle elezioni amministrative svoltesi nell’ottobre 2021 ci ha fornito un quadro complessivo di forte disaffezione dal voto: l’astensione si è massicciamente affermata soprattutto nelle periferie e la “qualità sociale” del voto attribuito alle forze del centro sinistra è rimasta essenzialmente come dotazione di ben precisi ceti sociali, dal punto di vista delle professioni, dell’istruzione, della residenza.

Nonostante i buoni risultati raggiunti sul piano dell’esito immediato della contesa è necessario ammettere che, dalla parte democratico – progressista, non si è realizzata una presentazione elettorale omogenea dal punto di vista delle rappresentanze politiche e non si sono ravvisati elementi concreti di costruzione (necessaria) della rappresentanza di un blocco sociale.

Sul piano politico raramente si è realizzato un quadro di efficace connessione tra partiti, movimenti progressisti e specifiche realtà associative rappresentative di “single issue” come nel caso dell’ambientalismo (al riguardo si trova difficoltà a trasformarne le istanze in soggettività generale), dei diritti civili, delle emergenze al riguardo del welfare (tanto più in tempi di emergenza sanitaria), del mondo del lavoro.

Il dato prevalente è ancora quello della frantumazione e della difficoltà a tenere assieme radicalità delle opzioni e scelte di governo: elementi questi che debbono essere valutato ben al di là della constatazione dell’esistenza di una sorta di “pulviscolo” a sinistra i cui rappresentanti pare non si pongano la questione dello sfilacciamento se non a partire dalle loro soggettive esigenze di sopravvivenza politica.

Insomma: in vista delle elezioni politiche abbiamo due questioni urgenti da affrontare:

1) quello della rappresentanza della sinistra : tema che si pone nel senso dell’autonomia e della costruzione di nuova soggettività;

2) quello della territorialità del voto, in una condizione nella quale ampie parti del paese rischiano di rimanere del tutto prive di rappresentanza istituzionale.

E’ evidente che il secondo punto andrà affrontato anche alla luce della crisi delle Regioni, ormai ridotte a soggetti di nomina e di spesa e delle difficoltà emergenti nella capacità di espressione di progettualità da parte dell’insieme del sistema degli Enti Locali (ad esempio: l’istituzione delle Città metropolitane , la Provincia ridotto ad ente di secondo grado, l’abolizione delle circoscrizioni, la riduzione delle Comunità Montane hanno rappresentato passaggi di inasprimento delle difficoltà del sistema).

Nella volontà di semplificazione sono sorti viluppi nel quadro istituzionale complessivo dell’autonomia e del decentramento che richiedono un’analisi approfondita e originale capacità di proposta, mentre rimane pendente la questione sollevata da destra (e non solo) dell’autonomia “differenziata” messa da parte soltanto provvisoriamente dall’emergenza sanitaria.

Servirebbe una strategia rivolta a promuove un’elaborazione utile a costruire ipotesi da concretizzare sul piano della costruzione di alleanze ( come esempio alcuni modelli scaturiti dalle realtà locali potrebbero essere utili) e dell’affermazione di una nuova classe dirigente, a partire dai territori.

Il tema della formula elettorale non può star fuori da questo quadro, soprattutto sotto l’aspetto del rapporto tra eletti ed elettori.

Una formula che consente – appunto – di tenere connessa territorialità e rappresentanza politica.

L’attuale formula elettorale prevede un mix tra collegi uninominali e parte proporzionale: una proposta di sistema proporzionale potrebbe prevedere proprio per esaltare la necessità di una territorialità della rappresentanza una formula basata su collegi uninominali (nei quali potrebbero realizzarsi situazioni diversificate di alleanze) con assegnazione dei seggi su base proporzionale ( come esempi si richiamano la formula usata per il Senato dal 1958 al 1992 e quella per le amministrazioni provinciali).

Sarebbe comunque il caso di non accumulare ulteriori ritardi nell’affrontare questi temi così delicati e decisivi per l’avvenire della nostra democrazia parlamentare che è necessario rimanga quella impostata dal testo della Costituzione Repubblicana.

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