Personaggi

“La finestra racconta…” un mini racconto di Elena Ramacci

Quella mattina, Adrienne si era svegliata, per la prima volta dopo tanti anni, con la voglia di rimanere a casa. Incominciava ad avvertire la stanchezza dei continui viaggi di lavoro e il desiderio di prendersi un giorno totalmente per sé! Da quanto tempo non faceva questo? Scavava nella memoria, e con sorpresa, le sovvenne solo un sbiadito ricordo dei tempi dell’Università, quando si prese una settimana sabbatica, dopo aver preparato minuziosamente la tesi.

Rimase sotto il piumone blu a lungo. Per la precisione: a lungo, per Adrienne, era quel lasso di tempo che partiva alle 5:30, ora del risveglio canonico, e finiva, con la permanenza sotto le coperte, sino alle 7:00. Guardò la sveglia, vide l’orario, per lei inusuale, e si alzò. Se la prese con calma sotto la doccia, diede l’incarico all’acqua di massaggiarla e tonificarla, oltre la soglia del tempo stabilito dai ritmi feriali. Quando ne uscì si fermò davanti allo specchio, avvolta dall’accappatoio e si rammaricò nel vedere le prime piccole rughe, intorno agli occhi, e l’espressione stanca: il corpo incominciava a lanciarle messaggi di prendere la vita con più calma.

Scese in cucina e notò, con disapprovazione, che la dispensa era quasi vuota e che non poteva prendersela con qualcuno se non con sé stessa! La signora, che, due volte alla settimana, andava a sistemarle casa, perché avrebbe dovuto farle la spesa, se lei non era in casa?

Si vestì, infilandosi i pantaloni della tuta, ancora con il cartellino, trovati nell’armadio e acquistati in uno store dell’aeroporto di Dallas, città dove era stata per quasi tre settimane, sei mesi prima. Si legò i capelli, in una morbida coda ed iniziò la ricerca di alimenti, per poter definire una colazione in quel modo. Trovò delle fette biscottate che, probabilmente, avevano fatto parte delle razioni alimentari, distribuite durante l’inizio della Prima Guerra Mondiale: le poverine che avevano stoicamente resistito sino a quel momento, presero miseramente la via del cestino per l’immondizia. Si salvò solo una scatola, contenente un paio di bustine di thè ai frutti di bosco, con una scadenza ravvicinata di qualche giorno, che consentiva loro di evitare la fine del prodotto precedente. Mentre l’acqua bolliva, Adrienne fece un paio di telefonate alla sua assistente ed al suo capo diretto, dicendo loro che non si sentiva bene e di rimandare gli appuntamenti di quel giorno. In seguito, aprì le tende del salotto, fece risalire la tapparella elettrica e, dopo tanto tempo, aprì gli occhi della sua casa al Mondo.

Il profumo dei frutti di bosco era rimasto ancora consistente nella fragranza e Adrienne lo respirò con delicatezza, come se fosse una terapia. Prese la tazza, con il thè ancora fumante, e si diresse verso la finestra. Avvicinò la poltrona verso la stessa e si sedette sul bracciolo, affinché potesse veder fuori, comodamente. Il colore amaranto dell’infuso spiccava nella tazza bianca: con le finestre aperte e le tapparelle alzate, i colori assumevano nuove sfumature, differenti a quelle che lei vedeva di notte.

Un piccolo sorso… poi, un altro ancora ed Adrienne si sentì ritornare a tutti gli effetti una creatura vivente. Incominciò a guardare fuori dalla finestra, erano anni che non lo faceva più. A casa rimaneva tanti giorni quanti ne formavano un mese e, forse, nemmeno.

La giornata di inizio primavera prometteva bene ed il Sole si era deciso, già di buon mattino, a illuminare quella via e ad animarla con tutti i suoi abitanti.

Davanti alla villetta di Adrienne, sul marciapiede opposto, vi stava la fermata dello scuolabus.  Due mamme, avvolte da morbidi e sportivi spolverini, accompagnavano due piccoli studenti, ancora mezzi addormentati e sulle spalle zainetti pesanti, che, anche un asino da soma, avrebbe avuto da ridire. Una delle due mamme si presentava con un pancione prominente. La nuova maternità era vicina e dal viso della donna trasparivano stanchezza, ma anche una gioia infinita. La ragazza lesse quello sul viso della vicina. Ora si ricordava di lei. La donna ed il marito si erano trasferiti in quella via da sposini freschi, nello stesso periodo in cui Adrienne comperò la casa. Quanto tempo era passato? Era in arrivo il secondo figlio in quella famigliola, mentre lei non si era accorta neanche dell’arrivo del primo!  La cosa la lasciò perplessa. L’altra mamma le era proprio sconosciuta: probabilmente, abitava nelle immediate vicinanze della via e portava il figlio a quella fermata. I due scolaretti si erano svegliati del tutto ed incominciavano a farsi dispetti reciprocamente, mentre le madri cercavano di tenerli tranquilli, facendo un gesto con la mano che prometteva qualcosa di poco materno.

Un giardinetto ben curato spiccava da dietro la fermata. Un signore anziano, seduto su una seggiola di vimini, controllava gli attrezzi da giardinaggio e li riponeva sopra un banchetto di legno, al suo fianco. Un omino distinto nei modi e ben curato nel vestire con abiti da lavoro. Un cappello di paglia, calato alle ventitré, gli conferiva un aspetto delicatamente buffo. L’uomo, sicuramente un pensionato, interagiva scambiando qualche battuta con le due donne. Dal grembiule verde con grandi tasche, egli tirò fuori delle caramelle e le offrì ai bimbi, chiedendo prima il permesso alle madri, le quali si fecero promettere dai figli che le avrebbero consumate solo dopo la scuola.

Adrienne ora sentiva i loro discorsi. Aveva aperto leggermente la finestra e l’aria fresca le accarezzava il volto. In quell’attimo, qualcuno gridò disperatamente: “Rollo fermati!!” e attirò l’attenzione di tutti! Un ragazzo trafelato, in tenuta da jogging, correva sul marciapiede del lato opposto e, quindi, dalla parte di Adrienne. Cercava di gestire il guinzaglio, che avrebbe dovuto contenere l’irruenza di un gigantesco alano arlecchino: infischiandosene del padrone, il cane si era lanciato all’inseguimento di un’ipotetica preda, avvistata a distanza siderale. La scena fece sorridere tutti, compresa Adrienne che scoppiò in una fragorosa risata. Risata che attirò l’attenzione dell’omino giardiniere, che la salutò alzando il cappello. Lei rispose con un cenno del capo, accompagnato da un timido sorriso. Lo scuolabus finalmente arrivò, portandosi via quel carico di giovane energia.

Il postino aveva iniziato il suo giro, scambiando due parole ad ogni civico, seduto sopra la sua vecchia bici di servizio: si vedeva che, ormai, conosceva il quartiere e tutti gli offrivano qualcosa. Egli, cortesemente, non ne approfittava. Il ragazzo dei giornali che lo affiancava, invece, accettava tutto di buon grado: a sedici anni, l’appetito è buona norma assecondarlo!

Adrienne non si era mai soffermata ai rapporti di buon vicinato. Non ne aveva il tempo. Non c’era quasi mai. Lo dimostrava il suo appartamento: bianco, asettico, arredamento minimalista. Arredamento comperato sei o sette anni prima, ma che sembrava appena consegnato. I muri perfettamente dipinti di bianco. Li voleva così, immacolati! Non come quelli di casa, quando era ragazzina ed i suoi fratelli più piccoli facevano la gara a chi disegnasse più scarabocchi. Le sgridate da parte della madre, perché non si occupava di Eve e Josh, mentre lei ed il padre erano al lavoro, come se avesse passato il tempo a bighellonare, con le sue compagne di scuola, mentre lei studiava. Studiava per andarsene. Studiava per essere libera da tutti e da tutto. Pochissime volte, in quegli anni, aveva ricevuto la visita dei fratelli, con i rispettivi figli, e le si raggelava il sangue ogni volta che i bambini toccavano qualcosa. Eppure, ora quell’appartamento sembrava stonare. Una casa mai vissuta. Gelido marmo e gelide pareti.

Adrienne aveva girato tre quarti del pianeta con il suo lavoro di consulente aziendale. La sua Multinazionale la mandava in trasferta, in quelle città in cui qualche società era da recuperare e, a malincuore, se necessario, “tagliava” qualche ramo secco. Persone che, magari, pagavano per la negligenza o la leggerezza di alcuni imprenditori. Le sottoponevano numeri e lei forniva soluzioni. Fatto questo, rientro in albergo e poi aeroporto. Aveva girato tre quarti del pianeta e delle città in cui era stata conosceva solo l’aeroporto, l’albergo e l’azienda da salvare. Nient’altro! Una vita in viaggio, una vita da passeggera. Si era lasciata vivere dal suo lavoro e non aveva vissuto un giorno per sé. Anche la storia con Fletcher, nata, consumata e finita tra un aeroporto ed una mail… si era lasciata vivere.

Quel giorno Adrienne tirò la somma della sua esistenza e si spaventò. Aveva quasi 35 anni ed era un genio dell’economia, ma una frana nella vita. Le girò la testa, si sentì mancare l’aria e come una furia uscì dalla casa, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua. “Tutto a posto, Signorina?” le chiese l’omino giardiniere: “E’ così pallida… “. Adrienne fece cenno con la testa che era tutto in ordine ma l’omino insistette:” Mia moglie, Berthie, fa un ciambellone di mele eccezionale e ci farebbe piacere…”, ma Adrienne non gli fece finire la frase e rispose: “Accetto volentieri”.

“Sono Paul” disse l’uomo dopo aver attraversato la strada; prese Adrienne sottobraccio e le chiese: “Oggi è in vacanza?”  La donna rimase in silenzio un attimo: “Inizio le mie vacanze domani!” “E dove andrà di bello, se non sono troppo curioso…”

Adrienne sorrise e rispose con animo leggero “A casa… resto a casa!”.

 

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