Il punto di BrunoPolitica

Rosa, rossi, grigi e bianchi erano assieme il 25 aprile

Non mi ha mai convinto e non mi convince oggi la visione “non inclusiva” del 25 aprile 1945 e del percorso di lotta della Resistenza al Nazifascismo e della guerra di liberazione che ci ridiede prima la democrazia nel nostro Paese, poi la Repubblica e poi la Costituzione democratica e Repubblicana nata, appunto, dalla Resistenza.
La lettura di una Resistenza esclusivamente dipinta di rosso e dei Resistenti eroici tutti aderenti al Partito Comunista d’Italia non soltanto è forzata, ma falsa e bugiarda sul piano storico, prima ancora che politico.
Nessuno potrebbe negare che il 25 Aprile fu il giorno della liberazione da una dittatura bieca e fascista che ha torturato e oppresso un intero popolo, compartecipe di delitti odiosi (da Giacomo Matteotti in poi), dall’assassinio all’estero dei Fratelli Rosselli e della morte lenta in prigione a Turi di Antonio Gramsci, delle leggi razziali e dello sterminio del Popolo ebraico, della deriva della Nazione nella guerra “ingiusta” e dalla parte sbagliata, della prostrazione e della connivenza con la belva nazista e di una guerra civile di cui non si sentiva nessun bisogno attorno al bunker della Repubblica Sociale di Salò. Ha Fatto bene il Presidente Mattarella, in Polonia, ad alzare la voce e ribadire con forza una verità indiscutibile, spesso sottaciuta “il fascismo è stato complice del nazismo” senza se e senza ma ed il nazismo “è stato un crimine contro l’umanità “. Su queste due verità storiche e politiche non sono ammessi “revisionismi” di sorta o riletture accomodanti sulla equivalenza tra Chi ha combattuto il Fascismo e Chi lo ha alimentato. Ovviamente vanno combattuti anche i goffi tentativi di gettare fango sulla Resistenza e sui tre anni di azioni di guerra con una revisione della storia ingiusta e fuorviante che pretenderebbe di rileggere la storia della Resistenza, come un insieme di atti di brigantaggio o di vendette personali o, peggio, come nel caso dell’azione gappista di via Rasella, come responsabile dell’assurda strage di innocenti delle Fosse Ardeatine. Tutto ciò premesso, non sarebbe intellettualmente onesto, dipingere la Resistenza e i suoi atti di guerra come una discesa solo coperta dai canti di Bella Ciao e dai Papaveri rossi, fiori dei Partigiani. Ci furono e sono documentati, anche azioni di ferocia inaudita e di vendette non giustificabili sul piano storico, politico, etico e della “umanità”. Tra questi atti di barbarie sommarie, non mi ha mai convinto il massacro della “bambina savonese” di 14 anni Giuseppina Ghersi e, tantomeno, la giustificazione che fosse una “puttana” e una “spia”; storiella che va per la maggiore. Non mi convince l’esegesi acritica della Resistenza e la sua canonizzazione divina a prescindere. La Resistenza è stata una lotta unitaria di popolo, combattuta da donne, uomini, giovani, adolescenti e ferventi delle libertà democratiche che, qualche volta, e purtroppo, hanno anche abusato della loro missione. Su di essa solo nostalgici volutamente disinformati possono dare un giudizio positivo senza alcun senso critico e articolato che sappia guardare le “debolezze” anche di Chi storicamente è stato dalla parte giusta. Ma irrita e infastidisce profondamente il fatto che, per essa, si batterono, con eroismo, comunisti, socialisti, liberali, repubblicani, azionisti e democratici, ma se ne sono appropriati come “bene esclusivo” i comunisti, prima, i rivoluzionari svagati e distratti del 68, dopo, e una sinistra strabica, con parecchie dimostrazioni di arroganza e di supponenza inaccettabili. Peraltro, furono quei partigiani “Bianchi”, ovvero liberal democratici, rosa, grigi che posero le basi per la vittoria elettorale nel 1948 della democrazia e sconfissero le ambizioni dei comunisti che avrebbero potuto consegnare l’Italia all’allora Unione Sovietica di Stalin. Certo, ci fu l’aiuto della chiesa e delle sue parrocchie. Nessuno lo mette in dubbio. Questo valse una famosa frase di un glorioso partigiano “bianco”: meglio una “messa” al giorno, con i preti, che una “messa” al muro, con Stalin. Tutto questo per dire che festeggerò il 25 Aprile, ma con l’amaro in bocca, se dovessi assistere, ancora una volta, allo spettacolo di una sinistra che mira, di volta in volta e ogni anno peggio, ad appropriarsi di una cosa che non è solo loro. La liberazione non è di parte, la democrazia non è di parte, sono valori di tutti.
Festeggiamo insieme la fine dei giorni bui, che per anni, hanno oscurato il nostro paese, e celebriamo con sincerità e senza ipocrisia o arroganze indebite, la fine della dittatura fascista e dedichiamo la giornata del 25 aprile a tutti coloro che, con i loro sacrifici, hanno fatto sì che noi potessimo vivere in una democrazia compiuta.

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