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“Calciando in rete”. Il blocco delle scuole calcio: discrimine o giusta misura?

Si sta assistendo ad una vera e propria insurrezione delle società calcistiche contro il nuovo Dpcm governativo del 18/10, che blocca i campionati provinciali ma non quelli regionali e professionistici. Secondo i presidenti e i direttori sportivi delle società si tratta di “una regola discriminatoria”. Il Governo ha decretato, come ha detto il ministro dello sport Vincenzo Spadafora, che «proseguono partite e gare sportive dilettantistiche a livello regionale e nazionale, mentre per il livello provinciale, società e associazioni sportive ed enti di promozione proseguiranno gli allenamenti degli sport di squadra ma solo in forma individuale, come le squadre di Serie A all’inizio della fase due», ma senza le gare di campionato. Continueranno quindi i campionati a livello nazionale (quindi anche la Serie D), e regionali, e andranno avanti i campionati fino alla Seconda Categoria, ma non la Terza che ha dimensione provinciale. E così neppure molte squadre giovanili. Taluni usano questa metafora per spiegare il nuovo Dpcm : «Le nuove normative è come se ci dicessero, per fare un esempio nel mondo della scuola, che gli studenti del liceo possono continuare a fare lezione mentre quelli del professionale devono rimanere a casa. E’ vergognoso, sostengono in molti, che i campionati regionali possano essere disputati e quelli provinciali no. E’ una normativa che manca di rispetto verso il mondo dello sport, dei ragazzi e delle famiglie, è una regola che non ha proprio niente di sportivo e che, oltretutto, ci mette in difficoltà economica viste le importanti entrate che arrivano dalle partite provinciali come quelle dei bambini». Le squadre e la scuola calcio continueranno in questi giorni i regolari allenamenti: “Saranno in sicurezza, niente partitelle ma solo tecnica individuale”. Commenti amari di questo genere sono costantemente monitorati : “Il Dpcm esclude una parte dei ragazzi che fanno sport e mette in difficoltà le società sportive che hanno speso per mettere gli impianti in sicurezza. C’è una discriminante tra ragazzi della stessa età che se fanno un campionato possono giocare, se ne fanno un altro invece no. E’ un discrimine sociale perché chi fa uno sport più vicino al professionismo può continuare, chi fa sport di base invece no. Gli allenamenti continuiamo a farli, ma perché i piccolini devono allenarsi con distanziamento e quelli più grandi no?” Sulla stessa linea vari altri presidenti di club : “Il Dpcm non ha senso, c’è stato un sollevamento nazionale e mi auguro che a Roma si cambi idea velocemente, è una normativa discriminante e demenziale. E per noi sarebbe una rimessa economica per la stragrande maggioranza del pubblico pagante sono i nonni e i genitori dei bambini. Per quanto riguarda gli allenamenti della scuola calcio, continueranno. Non ha senso parlare di distanza di sicurezza :i nostri bambini faranno comunque le partitelle quattro contro quattro per cui ci sarà contatto fisico. All’aria aperta il Covid non si prende”. In tantissime scuole calcio chiuse  “per permettere di adeguarci alle normative e metterci in totale sicurezza”  si dichiara : “Il nuovo Dpcm lo valutiamo negativamente e ci comporta problemi concreti per il fatto che gli juniores saranno costretti a fermarsi, mentre la prima squadra no, il fatto è che nella prima squadra giocano anche alcuni juniores”. Non sono solo le squadre a protestare, ma anche presidenti della Lega nazionale dilettanti : “La norma è discriminatoria. La protesta della Federazione è scontata. È fuori da ogni logica che ragazzi della stessa età possano avere l’ok per giocare o meno a seconda del livello del proprio campionato. Se il comitato tecnico scientifico ritiene il calcio dilettantistico un veicolo di contagio, prenda una decisione vera”.

Felicino Vaniglia

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