Politica

Un particolare ricordo del 25 luglio 1943

Non era mai capitato di ricordare il 25 luglio in campagna elettorale e non si era mai presentata l’eventualità di un governo così spostato a destra come quello che il 25 settembre potrebbe uscire dalle urne, anche se governi di destra in questa tormentata vicenda politica italiana ne abbiamo già conosciuti. A 79 anni di distanza il (doveroso) ricordo del 25 Luglio 1943 non può essere riservato semplicemente alla narrazione dei fatti che portarono alla caduta del fascismo, attraverso quella che generalmente viene ricordata come “una congiura di palazzo”. Nell’assoluta centralità del ruolo avuto dalla Resistenza nella costruzione del nuovo processo democratico italiano non si può dimenticare quanto le radici della democrazia, non solo a livello di idee e di cultura politica della classi dirigenti, ma anche della sensibilità popolare fossero fragili e incerte in quel momento storico. Il problema per l’Italia, al momento della rinascita democratica era quello di saldare antifascismo e democrazia. Era un problema culturale ma anche e soprattutto un problema politico, che investiva in profondità tutte le forze rappresentative delle realtà popolari. Appare importante, proprio in questa fase di vero e proprio “sfrangiamento” del nostro sistema politico, valutare anche i fatti di quel giorno fatidico alla luce di quanto accaduto nei successivi fondamentali passaggi dell’8 Settembre 1943 e del 25 Aprile 1945. Processo di costruzione/ricostruzione della democrazia in Italia che trovò poi nell’Assemblea Costituente la sua sede d’espressione fino al varo del testo costituzionale. Il testo della Costituzione del ‘48 resta ancora oggi il punto di riferimento fondamentale attorno al quale stringersi per difendere e affermare la nostra democrazia. La democrazia moderna non è una forma spontanea di organizzazione della società, ma il frutto di una conquista lenta e difficile. Non si deve perciò immaginare la rinascita democratica in Italia, nel secondo dopoguerra, come liberazione di un corpo estraneo o come ritorno a una scontata fisiologia democratica. Per entrare in questa prospettiva critica è necessario accennare ad alcuni fra i tanti elementi della eredità del passato che condizionarono la rinascita democratica: un’incertezza, anzitutto, nella classe politica antifascista, sulla stessa idea di democrazia legata alle diverse premesse ideologiche e alla diverse letture della storia del Paese; una ancor più profonda incertezza su quello che potremmo definire uno statuto democratico dei partiti politici; infine il complesso e contraddittorio vissuto degli italiani nel corso del ventennio. Rientrarono in scena i partiti politici che, fino a quel momento, avevano vissuto tra esilio e lotta interna le vicende di una difficile sopravvivenza, ma non erano disposti a ripartire dal passato, al di là delle polemiche sulla consistenza del fascismo, dell’antifascismo e dell’afascismo. La fase di riorganizzazione impedì ai partiti di avere influenza sugli avvenimenti che portarono al colpo di Stato del 25 Luglio. Il ruolo dei partiti risultò, invece, assolutamente decisivo subito dopo l’8 Settembre, e per questo fatto il loro processo di ricostituzione va considerato fondamentale per lo sviluppo dei fatti storici dell’epoca e per affermare, senza alcun dubbio, dove andasse a collocarsi la continuità dell’unità nazionale, rispetto alla successiva formazione della Repubblica Sociale Italiana. La trasformazione del comitato dei partiti antifascisti in Comitato di Liberazione Nazionale, avvenuta fin dal 9 Settembre a Roma, collocò subito la Resistenza come secondo Risorgimento. I partiti si sarebbero affermati in ragione di una necessità storica più forte di qualsiasi consapevolezza critica, attraverso la stagione delle grandi formazioni di massa, capaci di condurre ,attraverso un forte radicamento sociale e un lavoro capillare di insediamento della democrazia nel Paese: ed è questo un punto sul quale aprire, nell’attualità, un riflessione che non può semplicemente essere dedicata alla memoria.

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