Cultura e Musica

IL 10° FESTIVAL ILLICA 2023 DI CASTELL’ARQUATO

Vi sono infinità artistiche che sorprendono ogni volta che le si incontrano: è il caso del grande spettacolo dell’Opera. Tutto il Parnaso si muove per questo crocevia delle arti, che tocca musica, canto, arti visive come scenografie, costumi, luci e digitale, danza, regie regno di Apollo in persona, la recitazione…

Ma tutto nasce, insieme alla musica, da un’altra arte: la letteratura, che nell’Opera prende la forma dei cosiddetti “Libretti”. Essi rappresentano un poco una sceneggiatura e un poco un testo letterario autonomo: di certo un punto d’incontro immancabile di visione drammaturgica, tra il teatro classico e la musica.

È tornato anche quest’anno, il decimo, nell’incantevole cornice del borgo medioevale di Castell’Arquato, il Festival Illica, la rassegna musicale che rende omaggio all’illustre figura della librettistica d’opera e del giornalismo colto Luigi Illica. Concerti, spettacoli e momenti di approfondimento, dal 4 al 8 luglio per un’intensa settimana di eventi con la direzione artistica di Jacopo Brusa. La rassegna, che nasce per rendere omaggio alla figura del commediografo, poeta e librettista arquatese Luigi Illica (1857-1919), ha presentato un fitto calendario di incontri e concerti pronti a riempire di note i diversi angoli del borgo. Tra gli spazi, la celebre Piazza del Municipio, luogo monumentale di grande suggestione e sede dell’evento clou del festival che quest’anno prevede la rappresentazione dell’opera lirica in forma scenica “Nozze Istriane” di Antonio Smareglia su libretto appunto di Illica.

L’arquatese Luigi Illica è considerato e conosciuto come uno dei più importanti librettisti della storia. Perché? Non possiamo dimenticare quanto complesse siano da considerare le interlocuzioni con grandi musicisti e personaggi dal carattere difficile quali Mascagni, Catalano, Giordano e soprattutto con colui più di tutti che ha veicolato il nome di Luigi Illica nell’empireo: Giacomo Puccini.

Bohème, Tosca, Butterfly, libretti scritti insieme al levigatore di versi Giacosa, furono i vettori del suo successo: va detto del piacentino, naturalizzato milanese dopo una “vita spericolata” (per citare un suo epigone odierno) di gioventù, che l’occhio, attento quanto l’orecchio, di Puccini, ottimo impresario di se stesso, non avrebbe accettato un supporto letterario alla sua musica da chiunque… E con Luigi Illica c’era di mezzo Ricordi che “garantiva”: ma che cosa? Ricordi garantiva la qualità letteraria e la perfezione formale della componente verbale. E sappiamo quanto l’opera sia anche moltissimo “parole”, il loro senso, la loro fonetica, e molto ancora con metrica e rime…

Questo poeta e scrittore geniale, e un po’, come dicevo, spericolato, non dava da solo affidamento: fu per questo che gli venne imposto da Giulio Ricordi l’affiancamento con l’istitutore ed esteta Giuseppe Giacosa. Ricordi teneva troppo alla star del momento Giacomo Puccini: il lucchese aveva il palato fine e la lingua tagliente (ricordiamo il massacro del povero Leoncavallo che ebbe l’ardire di sfidarlo con una “Bohème”, ridotto in poche lettere acide a “Leonronzino”) ed ecco nascere il tandem con Giacosa. Illica, bohemien a sua volta (è dalla sua mansarda milanese, fredda e romanticissima, che promana la scena d’esordio della vincente Bohème pucciniana che seppellì Leoncavallo), accettò il sodalizio con la leggerezza tipica del tardo scapigliato, di fatto prima che di generazione. Sodalizio che stravinse per l’eternità ormai, tant’è che produsse, sempre grazie all’editore Ricordi, anche il grande testo dell’Andrea Chenier di Giordano.

Artisti e impresari, o imprenditori o editori… L’arte dell’Ottocento e poi del primo Novecento vive già in un sistema complesso, ove chi organizza è al centro della scacchiera e può permettersi operazioni di abilità più di ciascun attore della filiera. Ecco Ricordi, e non dunque il solo, bravissimo poeta Luigi Illica: morto Giacosa nel 1909, le sue irrequietezze di carattere lo resero inaffidabile e così Puccini non lo volle più. Procedette ovviamente per la sua strada, mentre il lucchese, trapiantato sullo scenario, artificiale come il teatro, del Lago di Massaciuccoli, aveva abbracciato la nuova proposta di Ricordi (Giuseppe Adami) col libretto del quale andò in scena nel 1918 il “Trittico”, fino all’ultima incompiuta, la grande Turandot. Luigi Illica morì pochi mesi dopo: indomabile, la sua natura si ribellò e lo ripose nell’eterna quiete.

Grande drammaturgo, ebbe idee figlie di vita vera, e lasciò la firma su una grande produzione che incuriosì anche Mascagni, del quale supportò letterariamente l’eclettismo, con l’Oriente di Iris e l’Italia in quintessenza delle Maschere, sul palcoscenico del Festival Illica 2022.

Il Festival 2023, al seguito di un 22 che aveva appunto ricordato Mascagni soprattutto, ha cercato di dare altre pennellate sull’attività di letterato autonomo di Luigi Illica. Oltre alle citate “Nozze Istriane”, ecco ”3001” fanta-sociologia in scena, che riprende argomenti che entreranno a far parte della concettualistica sci-fi del XX e XXI secolo, richiamando orizzonti orwelliani e ginecoforici, con illuminazioni globaliste e di ipermediatizzazione. Lo spettacolo, la cui resa musicale è stata originalmente realizzata da Voris Sarris con la magistralità della Filarmonica Toscanini di Parma, ha visto un importante lavoro sul testo, doverosamente rimaneggiato con perizia da Lisa Capaccioli, cosicché il piccolo ma suggestivo palcoscenico della piazza medievale di Castell’Arquato ha brillato, anche se la sola forma di concerto ha sfidato molto la degustazione di questa primizia. Facile “obiettare all’obiezione”: ma i fondi? Perché non si è dato a 3001, come a “Nozze Istriane”, il pieno scenario operistico, e soltanto la forma di concerto? Il Festival Illica, dalle grandi valenze, tra cui quella di far conoscere uno dei personaggi cruciali della fin-de-siecle italiana ed europea, risente comunque della pessima economia nella gestione di cultura e intrattenimento in Italia. Un evento bello e doveroso, ma rispetto al quale continua a mancare la visione complessiva e il raccordo con i flussi economico-turistici che porterebbero alle piene valorizzazioni proprie dei valori artistici. Il paradosso è che la colpa non è certo degli organizzatori, che hanno fatto davvero miracoli: il problema è nel sistema che vede collegati i tanti soggetti in gioco nella filiera turistico-culturale, che, anziché essere collegati, fanno Babele.

Finché non avverrà il salto verso una consapevolezza di business turistico-e-culturale, anziché lasciare il timone in mano a polverosi eruditi e a iniziative prive di una visione di prodotto/mercato, tutti i grandi valori della nostra traboccante Italia dell’arte e della cultura saranno dissipati e finiranno nei soliti 100 Euro nelle tasche dell’uno o dell’altro della filiera e nel lasciare a chi non conosce davvero il Paese (gli stranieri) lo sfruttamento approssimativo e opportunistico dei grandi giacimenti culturali dell’Italia.

Onore al merito degli organizzatori, in particolare ad Antonella Balestrazzi, all’ottimo lavoro di divulgazione condotto dall’ufficio Stampa Veronica Boldrin e, viceversa, disonore all’incompetenza di chi dovrebbe organizzare il sistema attrattivo e turistico, alla sua opacità strategica e inconcludenza, dalla regionale Destinazione Emilia in su e in giù.

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