Cronaca

Il cuore con il popolo ebraico, la ragione con le sorti dell’umanità

Intervento dello scrittore Fabrizio Uberto

Chi come lo scrivente ha sangue ebraico nella sua genealogia ( sono figlio di ebrei perseguitati dai nazi- fascisti), ma anche ogni cittadino del mondo democratico, non puo’ che inorridire di fronte agli attacchi terroristici di Hamas che due giorni fa ha ucciso e rapito quasi un migliaio tra soldati e persone innocenti ( comprese donne giovani e anziane, nonché bambini). E chi per l’appunto ha nel DNA la memoria degli orrori del 900, i rastrellamenti e le famiglie distrutte dalla follia omicida di un’ideologia criminale, si sente emotivamente vicino al popolo ebraico, senza se e senza ma. I primi nemici della causa palestinese sono proprio gli Hezbollah e Hamas, i quali, foraggiati adeguatamente dall’Iran, hanno come unico scopo la distruzione dello Stato ebraico. Per questo tutto il Mondo libero si stringe oggi a Israele e a tutti quegli Ebrei gia’ duramente provati dalla Storia e non potra’ mai consentire l’ennesimo bieco progetto del loro annientamento.
Ma detto questo, non possiamo fare gli struzzi e non accorgerci che in Medio Oriente come in Ucraina, si svolgono, come giustamente le ha definite Papa Francesco, prove ( non tecniche) di terza guerra mondiale. E nell’uno come nell’altro contesto, possiamo individuare un minimo comun denominatore: il trascinarsi nel tempo di problematiche insolute, che in un caso come nell’altro, non si sono mai volute affrontare e dirimere. Perché su entrambi i versanti, logiche di schieramento e cecita’ negoziale hanno prevalso sulla volonta’ di pervenire a un punto di caduta tra contrapposte istanze, in altre parole ad un accordo di compromesso, accettabile dalle parti in conflitto. E così come i governi israeliani massimalisti non hanno mai dato prova di buona volonta’, ( a differenza di quanto sostenuto dagli scrittori e intellettuali ebrei piu’ avveduti) nel voler risolvere l’annosa questione del sacrosanto diritto del popolo palestinese di avere un proprio Stato e territorio, così sul fronte della guerra ucraina, poche e isolate voci si sono levate a sostenere la via di una soluzione negoziale, sposando la sola strada di inviare a Kiev armi su armi, con i risultati pressoche’nulli e altresì rischiosi per la pace mondiale che abbiamo sotto gli occhi. Dunque violenza chiama violenza e finche’non si sara’ in grado di fare un salto di qualita’intellettuale nel gestire questi focolai di crisi, ci si avvitera’ sempre di piu’ in una spirale di rappresaglie ed escalation militari, che potrebbero valicare i rispettivi confini ed estendersi ad altri e ben piu’ pericolosi conflitti.

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