Cronaca

Busto Arsizio: altissima tensione in carcere

La preoccupazione di Donato Capece segretario generale del sindacato Sappe

Resta altissima la tensione nelle carceri della Lombardia, oggi affollate da quasi 9.000 detenuti, e continua inesorabilmente a salire il numero di eventi critici tra le sbarre. Ultimo grave episodio quello avvenuto nella struttura detentiva di Busto Arsizio, come denuncia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE per voce del Segretario regionale Alfonso Greco: “Ancora un’aggressione negli Istituti penitenziari della Lombardia. Un detenuto straniero psichiatrico, durante la fase di trasferimento ad altro carcere, rifiutandosi di partire ha aggredito un Assistente della Polizia Penitenziaria con un morso al volto e un altro Assistente durante le fasi di contenimento è rimasto contuso al collo e alla mano. La situazione è stata ripristinata ma i due poliziotti sono dovuti ricorrere alle cure del pronto soccorso del nosocomio cittadino”.
“Ancora una volta è il caso di sottolineare come alcune tipologie di detenuti debbano essere gestiti adeguatamente fuori dal carcere, poiché lo stesso non è un serbatoio dove rinchiudere persone con seri problemi di salute mentale”, evidenzia Greco, che aggiunge: “Non passa giorno che non venga registrato un episodio di violenza ai danni della Polizia Penitenziaria delle carceri lombarde ed è grave che il personale di Polizia Penitenziaria sia lasciato senza mezzi di protezione, di difesa e senza strumenti di intervento ma soprattutto basta alla gestione di detenuti con problemi psichiatrici. Io credo che la Polizia Penitenziaria della Lombardia, che ha pure dimostrato grande professionalità e senso del dovere come avvenuto a Busto Arsizio, non debba essere messa nelle condizioni di vivere situazioni di alta tensione sotto il profilo della sicurezza e dell’ordine per detenuti che non devono stare in un carcere ma in una struttura ad hoc”.
Donato Capece, segretario generale del Sindacato, torna a sottolineare che, a seguito della chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, moltissime persone con problemi psichiatrici sono ristrette nelle carceri del Paese e spesso proprio loro si rendono protagonisti di gravi eventi critici come quello accaduto a Busto Arsizio: “Il disagio mentale, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, è stato riversato nelle carceri, dove non ci sono persone preparate per gestire queste problematiche, mancano strutture adeguate e protocolli operativi. La Polizia Penitenziaria non riesce più a gestire questa situazione.. L’effetto che produce la presenza di soggetti psichiatrici è causa di una serie di eventi critici che inficiano la sicurezza dell’istituto oltre all’incolumità del poliziotto penitenziarioQueste sono anche le conseguenze di una politica miope ed improvvisata, che ha chiuso gli ospedali psichiatrici giudiziari senza trovare una valida soluzione su dove mettere chi li affollava. Gli OPG devono riaprire, meglio strutturati e meglio organizzati, ma devono di nuovo essere operativi per contenere questa fascia particolare di detenuti”.
Per Capece, infatti, “da quando sono stati chiusi gli O.P.G. (gli ospedali psichiatrici giudiziari), le carceri si sono riempite di detenuti affetti da gravi problemi psichiatrici. Ormai in ogni carcere decine e decine di detenuti con gravi problemi psichiatrici vengono ospitati normalmente nelle sezioni detentive, e spesso sono ubicati nelle celle con altri detenuti che non hanno le stesse difficoltà. Di conseguenza, i poliziotti penitenziari, oltre a essere costretti a gestire la sicurezza delle carceri in grave carenza di organico, come avviene in Lombardia, devono affrontare da soli questi squilibrati senza alcuna preparazione e senza alcun aiuto. Non è corretto soltanto ammettere l’esistenza della questione dei detenuti con problemi psichiatrici e poi far solo finta di aver risolto un problema che invece sta esplodendo sempre di più nella sua drammaticità”.
Il Sappe evidenzia infine come questi detenuti siano responsabili di “vero e proprio vandalismo all’interno delle celle, dove vengono disintegrati arredi e sanitari, ponendoli nella condizione pure di armarsi con quanto gli capita per le mani e sfidare i poliziotti di vigilanza. Oramai questi detenuti sono diventati una vera e propria piaga in diversi penitenziari e per la loro gestione sarebbero necessari trattamenti specifici all’interno di comunità terapeutiche. Il carcere non può custodire detenuti di questo tipo, a meno che non vi sia un notevole incremento di organico della polizia penitenziaria e di specialisti di patologie psichiatriche”.

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