Attualità

Il Tarlo delle aspettative

Intervento dello scrittore Fabrizio Uberto

Professionisti assetati di sempre nuovi successi. Religiosi ancorati all’idea di un avvento messianico, fiduciosi in un ” trascendente” carico di luce. Uomini e donne comuni assediati dal desiderio ossessivo di trovare l’anima gemella. Sono tutti casi questi ultimi, accomunati da un’angoscia di fondo, che non è quella tradizionalmente definita dalla psicanalisi come ” paura senza oggetto”, ma al contrario si identifica in ansia con oggetto ben definito, ossia il tarlo dell’aspettativa.
Quest’ultimo non è che incapacità di vivere il presente per quello che è, senza uno sguardo costantemente rivolto al passato o al futuro. Perché proprio a causa di quest’attitudine, l’Uomo moderno  vive grandi difficoltà, molte delle quali prodotte dalla sua stessa mente, carica di illusioni, afflizioni e pregiudizi.
In questo contesto si può leggere anche una certa incapacità  di elaborare qualsiasi tipologia di “lutto”.
Se esaminiamo recenti fatti di cronaca, che altro rappresenta ad esempio la lugubre schiera di saluti romani di Acca Larentia, se non il goffo tentativo di dissimulare un vuoto, una frustrazione causata da inettitudine a gestire le propria esistenza, ancorandosi a un passato criminale e tragico, definitivamente sconfitto dalla Storia? Ma anche nel privato assistiamo a forme di dipendenza da situazioni e da individui, i quali proprio perché deludenti e tossici,  dovrebbero invece essere definitivamente abbandonati.
Nutrirsi di aspettative dunque, come teorizzazione di un ” meglio” che ci spetterebbe di diritto, nonché pretesa di attenzione o gratificazione da parte di persone, magari lontane da noi ” anni luce”, per forma mentis e valori etici.  In fondo anche il film  “Perfect days”, attualmente nelle sale, contribuisce a metterci in guardia contro le insidie dell’ “Aspettativa”. Il Fascino di quest’ Opera infatti, risiede nella valorizzazione della quotidianità, che in filigrana reca in sé sempre qualcosa di magico, anche se noi non lo vediamo o non lo vogliamo vedere.
Ma al di là di queste considerazioni, è sufficiente interiorizzare lo spirito evangelico, dal quale, contrariamente a quello che spesso si pensa, esula qualsiasi impulso messianico, qualunque propensione a rimandare al Trascendente il momento della felicità.
“Qui ed Ora” è il nostro Paradiso e la nostra capacità di amare.
” Qui e Ora” è il “Divino” dentro di noi, il senso profondo del nostro breve ma affascinante cammino terreno

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